LA VERITA' E' FIGLIA DEL TEMPO
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da : Concerto di Sogni
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Stampato il:
22/12/2024
Tema:
Autore Tema: zanin roberto
Oggetto:
LA VERITA' E' FIGLIA DEL TEMPO LA VERITA' E' FIGLIA DEL TEMPO Il sole era già alto ma il freddo non mollava la sua morsa,un paio di neri merli continuavano a rimestare la terra in cerca di vermi da mangiare, l'uomo pensieroso si lisciò la barba con una lentezza accativante. Una studentessa di archeologia si soffiava le mani per scaldare le dita intirizzite, aveva appena finito di schizzare su carta, il rilievo di quella pietra tombale che faceva da coperchio ad un sarcofago arcaico,rinvenuto adiacente al duomo romanico di San Andrea. di Zanin Roberto FINE DELLA PRIMA PARTE
Inserito il:
05/02/2006 21:04:09
Messaggio:
L'avevano disotterrato da pochi giorni ma non l'avevano ancora aperto. Il dottor Zaino aveva studiato per molti anni il periodo storico del basso medioevo, ma non aveva mai realizzato una scoperta che valesse la prima pagina. Il duomo era una costruzione sicuramente antecedente il 1477, data scolpita su una traversa di marmo bianco, sopra la porta principale.L'ampliamento delle navate laterali era stato fatto successivamente ma il pavimento ormai ondulato, sprofondato in molti punti, era consunto talmente da far presagire ad una età molto antecedente, il colore rosso dei mattoni cotti dava un colore strano alla chiesa.
Il cielo si era ingrigito in modo molto intenso, il vento si era alzato e era imminente una nevicata.
La ragazza si aggiustò il berretto di lana e strinse la sciarpa, chiuse la cartella con gli schizzi e disse determinata:
-" Professore andiamo? Oggi, fa troppo freddo! "
Dall'interno del duomo, Zaino rispose distratto:
-" Diana prendi il furgone e ritorna all'Università! ...Ci vediamo domani, io rimango, ... voglio fare delle ricerche"
L'eco della sua voce rimbalzò ancora qualche secondo, fuori non c'era anima viva, erano le undici del mattino ma quel lunedi sembrava un giorno strano e maledetto.
L'archeologo usci, si preoccupò di coprire con un telo di plastica lo scavo, alzò gli occhi al cielo, sorrise, si accese il suo avana e rientrò nel tempio. Si sedette in uno sgangherato banco in legno tarlato e si fece rapire dalla struttura, squadrò le colonne, verificò le simmetrie con il soffitto, ebbe un leggero brivido di gelo, si alzò e ammirò il rosone,consumato dai secoli, notò che la luce filtrava con angoli particolari. Posò la mano su una parete molto erosa da infiltrazioni d'acqua e dove in origine doveva far bella mostra di sè un affresco dai colori vivaci, ora praticamente illegibile.
Doveva trovare una prova !
Eppure la sua teoria era verosimile, da troppi anni accumulava prove teoriche, adesso aveva bisogno di dimostralo. In questo sito, prima della costruzione o della trasformazione in duomo, c'era un luogo di culto pagano, forse celtico, più probabile euganeo o venetico.
La tomba scoperta portava una data antecedente a quella indicata sul portale, a soli 1500 metri vi era una struttura morfologicamente tipica di un castelliere protostorico, all'interno della cinta muraria castellana, inoltre la romanizzazione era stata centralizzata a Concordia Sagittaria che dista meno di venti chilometri a sud, non aveva coinvolto il paese di Cordovado che era con ogni probabilità immerso in un fitto ed impenetrabile bosco, ma vi erano sufficienti prove per ipotizzare una qualche presenza in età arcaica.
Fuori i fiocchi di neve avevano iniziato una girandola fantasmagorica con un vento complice che ne disegnava le traiettorie, si stava imbiancando il prato verde,i tetti e le strade e si ricordò che era a piedi.
Chiuse la porta del Duomo e si avviò a piedi verso il bar del centro, dove chiese un tè caldo corretto con del rum. Si sedette ad un tavolino, si guardò attorno e non vide che un paio di giovani armeggiare con i loro cellulari, tirò fuori un taccuino e una matita, si ricordò di annotare quel simbolo visto sul coperchio del sarcofago che stavano estraendo, la doppia foglia di vischio con la palmeta al centro e la sigla G. appena distinguibile.
Le Belle Arti di Trieste non avevano avuto dubbi, quella era una sepoltura di fine medioevo, posteriore alla costruzione del Duomo, ma il materiale utilizzato, secondo lui, era molto più vecchio.
Molto probabilmente era successo che scavando attorno al Duomo,in età tardo medioevale, dove c'era il cimitero,era venuta alla luce quell'antica tomba e una volta pulita era servita alla bisogna con qualche ritocco di scalpellino.
Zaino si fece coraggio, usci e si cercò un alloggio per il suo soggiorno. Diana era molto scrupolosa, arrivata in facoltà, andò a sviluppare le foto e a riordinare il suo materiale, una strana sensazione la turbava, il professore non le aveva detto tutta la verità, ma perchè?
Decise di parlarne con il suo fidanzato, un ragazzotto che si era iscritto a chimica e che aveva la mania dell'occultismo. Telefonò nel tardo pomeriggio e decisero di vedersi nella pizzeria Al Pirata, un locale equivoco che però aveva il pregio di avere una birra favolosa. Si cambiò, indossò una camicetta aderente e un paio di blue-jeans bucati e logori, fuori fioccava e la sciarpa color rosa le dava un'aria civettuola, entrò Al Pirata e subito notò la faccia pulita di Paolo che sgranocchiava noccioline con impazienza. Si baciarono teneramente e iniziarono ad aggiornarsi sulle scoperte archeologiche che Diana aveva fatto.
A fianco, c'erano un paio di balordi che imprecavano sul cibo, sul servizio, sul prezzo, insomma infastidivano ma non era il caso di intromettersi. Diana disse:
-"Ho valutato a fondo i segni presenti sul coperchio tombale. Sono sicuramente di fattura celtica, probabilmente databili tra il III e il II sec.a.c. , epoca in cui i Galli erano stati sconfitti dai romani e si spostarono dai loro insediamenti Padani in Illiria, il paese di Cordovado era all'epoca adiacente ad un ramo secondario del fiume Tagliamento, immerso in un fitto bosco, dove a mio parere, i Celti avevano edificato un presidio per il guado del fiume, Cordovado, Curtis Vadi, cuore del guado. In epoca medioevale quella tomba fu scoperta e in qualche modo riutilizzata."
Paolo rispose dopo aver bevuto con avidità la sua bionda birra:
-" Ma Diana, non avete ancora aperto il coperchio di quel sarcofago marmoreo, come puoi dire che sia successo in questo modo?"
Diana aveva uno strano luccichio negli occhi, si rigirava le dita nascoste nella tasca, guardò con estrema tensione gli occhi azzurri del fidanzato, lo colse inpreparato, lo squadrò e fulminea disse:
-" Perchè ho trovato questo!... è un monile di artigianato celtico!" lasciò cadere uno spillone in bronzo, finemente lavorato.
-" Non ho detto niente a nessuno ma ritengo che all'interno del sarcofago ci sia altro materiale che le paure medioevali hanno impedito di rubare!"
- " Sei pazza ! Se il professor Zaino viene a saperlo, sarai espulsa dall'università e denunciata alle autorità!"
- " No, Paolo, al professore interessa solo la fama, non gli importa nulla di cosa troveremo, è accecato dal fatto che non è ancora riuscito a far parlare di se !"
I due individui che avevano fatto tutto querl baccano, non c'erano piu, strano, le sigarette ancora fumavano, solo allora si accorsero di aver parlato a voce alta. Erano preoccupati, l'indomani sarebbero andati a Cordovado per vedere di approffondire il loro piano, ma il freddo era aumentato, era tutto gelato, e bisognava essere prudenti.
I rami delle acacie erano battuti da raffiche di vento, il gelo si era propagato come una malattia infettiva, Zaino si era svegliato tardi e ora agoniava una calda colazione, si guardò la barba incolta allo specchio e decise di darsi una sistemata. Quando dal barbiere del paese si fece sistemare la barba con civetteria, decise di saperne di più su quel paesetto di campagna, ai confini tra Veneto e Friuli. Purtroppo la gente non ne sapeva molto, usci con un impercettibile senso di nausea, non sopportava che le persone ignorassero la loro storia.
Guardò la torre campanaria della torre nord del Castello, si immaginò le cariche degli Ungari e poi dei veneziani quando a metà del 1400 sconfissero la Patria del friuli e imposero il leone di S.Marco , quasi ascoltò i lamenti dei feriti, vide il sangue e assaporò la sconfitta, si faceva prendere dalla sua passione incontenibile.
Ma non era quello il tempo che lo interessava, lui aveva in mente un guado, una riva che lasciava dietro se una fitta vegetazione, genti che migravano lontano e che si era fermata ad adorare quei loro dei nordici, con riti druidici, ottimizzando tutto del territorio, ecco mentre si incammina dentro il borgo Castello assorto nei suoi pensieri, si sentono distinti dei passi veloci dietro, un sordo eco che rimbalza nei bei palazzi patrizi che si affaciano sulla strada di ciottoli di fiume. Due giovani lo seguono con discrezione, ora si ferma a contemplare il terrapieno adossato all'interno delle mura, la forma ovoidale potrebbe essere tipica di un castelliere dell'età del bronzo ma potrebbe anche trattarsi di terra di riporto di epoca recente. Esce dalla porta sud del Castello e l'aroma del vicino forno lo stuzzica. Arrivato nella piazzetta del Tiglio, si ferma ad accendere il suo sigaro, l'alto albero fa da ombrello a un'areale ampio, distende lo sguardo a intravedere la fiancata del vecchio Duomo, bello e semplice, misterioso e raccolto, senza contare che proprio di fronte c'è la casa Provedoni, di settecentesca memoria, ben descritta da Ippolito Nievo nel suo romanzo "Le confessioni di un italiano".
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