Forza "internazionale di interposizione" Onu?
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22/12/2024
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Autore Tema: Carmine Monaco
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Forza "internazionale di interposizione" Onu? Articolo pubblicato in prima pagina sul quotidiano "Italia dei Valori" il giorno 20 luglio 2006 Forza "internazionale di interposizione" ONU? Meglio inserire prima Hezbollah nella lista nera delle organizzazioni terroristiche.
Inserito il:
20/07/2006 13:56:11
Messaggio:
Ipotesi per passare da un conflitto militare ad un'operazione di polizia internazionale.
di Carmine Monaco
Il pacifismo radicale italiano mostra in questo periodo i suoi eccessi e i suoi paradossi. Prima mette quasi in crisi il nuovo governo Prodi al suo primo vero banco di prova, in merito alla questione del rifinanziamento delle nostre missioni di pace in Iraq e Afghanistan, chiedendo a gran voce il ritiro delle nostre truppe, per poi chiedere, con gli stessi toni, l'invio di una “forza internazionale d’interposizione” fra Libano e Israele. In poche parole, in Iraq e in Afghanistan no, in Libano sì. E magari disarmati. Ma qui, in campo, non vi sono due eserciti ben distinti. In Libano le azioni di guerra non sono state mosse dal governo ma dal temibile "partito di Dio" (Hezbollah) agli ordini di Siria e Iran per il tramite del suo sceicco Hassan Nasrallah; un "partito" tollerato e ben rappresentato al Parlamento libanese, così come nei territori palestinesi. La presenza in armi in Libano di Hezbollah (una rete internazionale che, secondo l'antiterrorismo Usa, opera in Europa, America Latina e negli stessi Stati Uniti e che rappresenta una minaccia potenziale persino più grande di Al Qaeda) e la sua totale libertà operativa, pone alla comunità internazionale un problema: il Libano detiene o no il controllo del suo territorio? Se lo ha, è colpevole di non aver dato esecuzione alla Risoluzione ONU n. 1599, disarmando gli Hezbollah e liberando il Libano del sud dalla loro presenza, dispiegando l'esercito regolare libanese ai confini con Israele. Se non lo ha, non si può accusare Israele di operare con mano dura contro uno "stato sovrano" per liberare dai terroristi quella che di fatto è una "free zone". Israele, anzi, continua a ribadire di non avere alcuna mira sulla zona, e di pretendere solo che l'esercito regolare libanese e il suo governo facciano il loro dovere. Ma è evidente che non possono o non vogliono. Ciò significa che, al minimo, i rischi a cui esporremmo i Caschi Blu dell'ONU sono quelli di fare da scudi umani agli Hezbollah, mentre costoro sparano razzi sempre più potenti e precisi dai posti più impensati, dalla periferia sud di Beirut (la roccaforte sciita), dall’interno dei villaggi e dai tanti nascondigli ricavati lungo i sessanta chilometri di frontiera e in profondità per oltre trenta. Questa forza d’interposizione non sarebbe in grado di svolgere il suo lavoro, e si limiterebbe di fatto ad impedire, o meglio, ad ostacolare, l'eventuale ingresso di Tsahal nel territorio degli Hezbollah, mentre costoro fanno passare sopra le loro teste i missili diretti su Israele e che già oggi hanno colpito Haifa e tante altre città e villaggi israeliani. Insomma, sarebbe solo un modo per assegnare l'ennesima vittoria postuma "all'avventura di Nasrallah" (come è stata definita dagli stessi sauditi) e ad un terrorismo anti-israeliano che da decenni perde le battaglie e vince le guerre grazie alla protezione di troppi Stati e organizzazioni internazionali compiacenti. Israele, come è ovvio, non accetterà. Ma non accetteranno neppure altri regimi arabi sunniti considerati tra i principali protagonisti nella regione (come Arabia Saudita ed Egitto), che hanno già preso nettamente le distanze dalle operazioni di Hezbollah e appaiono sempre più decisi ad opporsi all'asse sciita formato in Medio Oriente da Teheran, Damasco, Beirut e Gaza. La Siria ha infatti dato il via libera ad Hezbollah perchè convinto che la distruzione del Libano porterà alla formazione di un nuovo governo libanese filo-siriano, mentre l'Iran mira a guadagnare tempo alla vigilia della discussione del dossier nucleare che lo riguarda davanti al Consiglio di Sicurezza.
Se è dunque vero che la soluzione al problema non è militare, come pretendono i pacifisti, allora può essere solo politica e poliziesca. In questo contesto, l'Europa dovrebbe pretendere dal Libano l'applicazione della Risoluzione ONU n.1559 e a sua volta dare seguito alle richieste di inserire Hezbollah nella lista delle organizzazioni terroristiche, come è stato per Hamas. E i Caschi Blu potrebbero operare di concerto con il Libano ad una autentica e vasta operazione di polizia nel sud del paese, mirata a neutralizzare definitivamente Hezbollah. Finora il Libano non lo ha fatto perché temeva di compromettere il suo fragile e complesso equilibrio, determinato peraltro dalla presenza in Parlamento di un gruppo chiaramente terroristico come Hezbollah. Ora che quell'equilibrio è irrimediabilmente compromesso, i libanesi che aspirano ad una vera libertà e democrazia potrebbero cogliere l'occasione per scrollarsi di dosso la violenta oppressione di questo movimento integralista, coinvolto anche nell'assassinio dell'ex premier Hariri. È ovvio che dubitiamo fortemente che l'ONU e l'Europa possano e vogliano una tantum liberare Israele dalla minaccia di questi gruppi armati, nonostante questo significhi davvero aiutare il popolo libanese, che al momento sta pagando il maggior prezzo dell'avventura di Nasrallah, ed è proprio per questo saremmo felicissimi di essere smentiti.
È certo però che anche l'amministrazione USA vede nella crisi israelo-libanese un'occasione di chiarezza, di uno sradicamento delle presenze terroristiche come Hamas e Hezbollah, e di un'evoluzione democratica dei paesi dell'area. Al termine del Vertice dei G8 a San Pietroburgo, il presidente George W. Bush ha rinnovato l'invito a Iran e Siria ad esercitare la loro influenza sugli Hezbollah e indurli ad abbandonare gli attacchi e deporre le armi. Bush ribadisce che Israele ha il diritto di difendersi e accusa il presidente siriano Bashir Assad di non avere fatto abbastanza per dare stabilità al Libano e di volere, anzi, riprendere il controllo del Paese. La tesi ufficiale USA è che dopo - e solo dopo - che gli Hezbollah avranno restituito i soldati sequestrati e sospeso le operazioni anti-israeliane, sarà il momento del cessate il fuoco. Il Presidente della Camera Fausto Bertinotti ha invece dichiarato che la soluzione al conflitto in corso tra Israele e Libano è la formula «due Popoli, due Stati», come se l'attacco portato dal Libano ai danni di Israele si possa ritenere una conseguenza del conflitto israelo-palestinese, e non una mera esecuzione di un preciso ordine di Iran e Siria. Principi di equivicinanza applicata? Forse errati, perché persino Ahmed Al Jarallahn, caporedattore della autorevole rivista kuwaitiana "Arab Times", ha dichiarato: «Sfortunatamente dobbiamo ammettere che in questa guerra il solo modo di liberarci di "questo fenomeno irregolare" [Hamas ed Hezbollah, n.d.r.] è ciò che sta facendo Israele. Le operazioni di Israele a Gaza e in Libano sono nell'interesse dei popoli dei paesi arabi e della comunità internazionale».
Nel frattempo la Siria indovina probabilmente la prima mossa: il presidente Assad ha telefonato al premier turco Recep Tayyip Erdogan, in visita nella parte turca di Cipro, chiedendogli di fare pressioni su Israele. Erdogan ha risposto che la Turchia sta lavorando affinché si giunga ad un cessate il fuoco. La Turchia, che vanta rapporti ottimi con Israele, Libano e palestinesi, potrebbe essere un mediatore sicuramente più affidabile dell'Iran.
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