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Uso sproporzionato del terrorismo

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Stampato il: 22/12/2024

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Autore Tema: Carmine Monaco
Oggetto: Uso sproporzionato del terrorismo
Inserito il: 21/07/2006 17:42:16
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Articolo pubblicato in prima pagina sul quotidiano "Italia dei Valori" il giorno 21 luglio 2006

Uso sproporzionato del terrorismo: gli errori strategici di Hezbollah, Siria e Iran.

I piani egemonici di Iran e Siria sempre più invisi agli stessi popoli arabi

di Carmine Monaco

I giornali israeliani scrivono che il raro grado di consenso nazionale che in Israele sostiene le scelte del governo si misura con il rispettoso silenzio con cui la Knesset ha accolto il primo ministro israeliano Ehud Olmert lunedì sera: per la prima volta dopo anni, un primo ministro israeliano ha potuto tenere un lungo articolato discorso senza essere interrotto da contestazioni di vario tipo. A cosa si deve questo straordinario consenso? L’ultima volta che Nasrallah ha adottato la strategia del rapimento per imporre uno scambio di prigionieri, nel 2004, Israele liberò centinaia di detenuti in cambio del fin troppo chiacchierato “uomo d’affari” Elhanan Tennenbaum e dei corpi di tre soldati (sequestrati e uccisi nell’ottobre 2000). È oltremodo probabile che il capo degli Hezbollah puntasse a ripetere il buon affare, nel momento in cui prendeva in ostaggio i due soldati catturati mercoledì scorso con un attacco a freddo in territorio israeliano.
La reazione israeliana è stata del tutto diversa, nonostante al governo sieda come ministro della difesa il pacifista Amir Peretz. A cosa si deve, dunque, non solo la determinazione ad assumersi rischi calcolati sulla vita di quei due soldati rispondendo ai colpi di Hezbollah, ma anche la determinazione a colpire in profondità, fin nelle aree abitate libanesi, dove Hezbollah nasconde i suoi missili e i suoi covi?
Hezbollah, diversamente da Hamas, è una formidabile organizzazione militare e terroristica, disciplinata, molto ben addestrata, dotata di armi sofisticate fornite direttamente da Siria e Iran. Il potenziale militare accumulato oscilla tra i 13.000 e i 15.000 missili a corto e medio raggio, oltre ad un numero imprecisato di missili più potenti, in grado di colpire Tel Aviv, fatto che Nasrallah ha definito non solo questione di tempo, ma "cosa santa e giusta". Un alto ufficiale iraniano ha recentemente spiegato l'importanza per l'Iran di Hezbollah alle diplomazie occidentali a Londra: "Hezbollah è uno dei pilastri della nostra strategia di sicurezza, e costituisce la prima linea di difesa iraniana contro Israele". Walid Jumblatt, il leader druso libanese, condivide questa interpretazione: "La guerra non è più libanese... è una guerra iraniana. L'Iran sta dicendo agli Stati Uniti: tu vuoi combattermi nel Golfo e distruggere il mio programma nucleare? Io ti colpirò in casa tua, in Israele».
È stato dunque quasi ovvio che la evidente e innegabile gravità della minaccia posta da Nasrallah, sotto gli occhi di tutti a causa delle centinaia di razzi e missili lanciati sulle città israeliane, persuadesse anche molti degli amici più tiepidi di Israele dell’assoluta necessità di un’azione militare. La minaccia militare ammassata da Hezbollah è anche la chiave che spiega il sostegno pressoché unanime alla contro-offensiva da parte dell’opinione pubblica israeliana.
La Guardia Rivoluzionaria iraniana fornisce ad Hezbollah la gran parte degli armamenti, finanziamenti, addestramento, comando strategico e controllo. I missili a corto e medio raggio lanciati a pioggia contro Israele in questi mesi, sono fabbricati in Iran ed esportati attraverso l'Aeroporto Internazionale di Damasco. Ufficiali iraniani, appartanenti alla Guardia Rivoluzionaria, sono in campo in Libano e giocano un ruolo attivo nella supervisione delle strategia di attacco e continuano ad addestrare gli Hezbollah al lancio dei nuovi missili contro Israele.
Il solo modo di sconfiggere Hezbollah è di isolarlo dai rifornimenti esterni, tagliando le vie di comunicazione con Iran e Siria, che appaiono comunque determinate a rifornire Hezbollah così come continuano, in barba ai legami tribali e religiosi, a rifornire il terrorismo sunnita in Iraq contro i loro stessi fratelli sciiti.
Ad Israele non resta che portare avanti la sua operazione militare contro Hizbollah, finché non sarà fortemente indebolito, isolato e disarmato. Un risultato diverso sarebbe una catastrofe per Israele e per la comunità internazionale, a partire da quei paesi arabi come Egitto, Arabia Saudita e Giordania che avvertono sempre di più come un pericolo reale le aspirazioni iraniane all'egemonia sull'intera area mediorientale, di cui il nucleare costituisce uno dei pilastri fondamentali.
Nasrallah, che poco tempo fa aveva definito Israele "più debole di una tela di ragno", insieme ai suoi partner Iran e Siria, sono dunque vittime della loro stessa forza militare, ammassata per anni. L'attacco ad Israele si è dimostrato tale da depotenziare la stessa propaganda anti-israeliana e le proteste contro il presunto “uso sproporzionato” della forza da parte di Israele, ed è mancata persino la vivace contestazione interna israeliana. Di fronte alla sanguinosa efficacia sulla popolazione civile israeliana dei suoi razzi Katyusha e dei missili di varianti ancora più pericolose, lanciati nel pieno di un conflitto scatenato da un attacco a freddo al di qua del confine sovrano d’Israele, persino l'ONU, che in genere condanna automaticamente Israele, ha dovuto prendere atto della realtà dei fatti. Gli sforzi diplomatici della comunità internazionale dovrebbero ora puntare ad ottenere l'attuazione della Risoluzione Onu n. 1559, che prevede il disarmo e lo scioglimento di Hezbollah e lo stanziamento dell'esercito regolare libanese lungo i confini con Israele.



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