I racconti del Castello - Naufragio
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da : Concerto di Sogni
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Stampato il:
18/01/2025
Tema:
Autore Tema: Elena Fiorentini
Oggetto:
I racconti del Castello - Naufragio Dedico questo racconto a mio cugino Pietro Friggi, che orgogliosamente porta il nome e il cognome del nostro caro nonno, artista di inestimabile valore e d'animo nobile e gentile, che Pietro non ha mai conosciuto.
Inserito il:
23/01/2007 22:44:01
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Ai tre bambini della famiglia milanese in vacanza, si aggiunsero due piccole ospiti. La compagnia si era allargata e ogni giorno era importante trovare nuovi motivi di svago. Quella domenica fu deciso di affittare una barca per una passeggiata sul lago. La compagnia era formata da papà e mamma dei tre ragazzini, dal solo papà delle due bimbe, che avevano perso da poco la mamma ed erano molto tristi.
Il cielo era limpido e il lago era liscio come un olio. Una volta arrivati in mezzo al lago i due papà si sarebbero tuffati nel lago: erano giovani, pieni di energia e voglia di divertirsi.
La barca a remi era all'ancora nella darsena del Castello dove l'acqua era profonda quel tanto che bastava a sostenere le barche che pescavano poco. Le numerose darsene del lago di Como sono recintate da spesse mura, dove il muschio e l’umidità resiste da secoli, in parte sono all' aperto e in parte sotto le abitazioni. Gli abitanti salivano sulle loro imbarcazioni raggiungendole dalla scala interna che collegava la casa al lago. La via d'acqua sul lago era ed è tuttora di primaria importanza. I bimbi furono issati a bordo con ogni riguardo, allora c’era solo l’attenzione e l'amore dei genitori come salvaguardia per eventuali incidenti, i giubbetti di salvataggio non si erano in vigore.
La navigazione procedeva tranquilla, il panorama era degno di essere ammirato. Dal lago si vedeva da un lato la costa di Lierna e dall'altro Onno, Oliveto, Limonta e la Valbrona. La vista dal lago dell'antico Castello costruito sul promontorio, accanto alla celebre Riva Bianca, una spiaggia formata da lisci e bianchissimi ciottoli, era imponente. Le Grigne vennero ammirate come meritavano e ai bambini la mamma raccontatò la leggenda della ragazza guerriera. Un cavaliere bello e ardito aveva offerto il suo cuore alla ragazza pronunciando le fatali parole: "Avere te voglio morire!". Per tutta risposta la bella e crudele guerriera ordinò alla sentinella di tirare una freccia in fronte al cavaliere, che morì. Non andò bene nemmeno alla ragazza, che per punizione venne trasformata nella Grigna, "una montagna ripida e ferrigna " , dice la canzone e la sentinella di guardia sul ponte fu trasformata nella Grignetta.
Mentre il tempo passava e i gitanti si lasciavano cullare dal mormorio causato dai remi, dal chiacchiericcio dei bimbi, dalle canzoni accennate a fior di labbra e dalle antiche fole, sciocchezze di un giorno di domenica pomeriggio tranquilla, qualcuno notò che mancava la brezza, tanto piacevole. Gli abitanti del Castello non mancavano mai di fare notare ai neo arrivati la differenza dei venti costanti del lago: la benefica Breva, il vento caldo che inizia a soffiare da mezzogiorno e in estate si stabilizza sui 14 - 16 Kn., a volte fino a 10 , continuando fino alle 18,30 e l’impetuoso Tivano, il vento che soffia da nord, spesso violento con raffiche, che spira dalla sera alla mattina fino verso le 10,00. Quel giorno la calma piatta del lago in pieno pomeriggio stava diventando inquietante. Improvvisa si alzò una folata di vento.
Le due sponde erano equidistanti dalla barca. Il cielo si scurì di colpo mentre il vento si faceva sentire con raffiche sempre più violente. I marinai di acqua di mare e degli oceani non immaginano come può essere pericoloso il lago e quanto infide le onde irregolari. I nostri avevano perso quasi completamente il controllo della barca, davanti avevano la costa ripida e rocciosa. Dove approdare?
La mamma cominciò a urlare, terrorizzata.
Ora sono tutti al sicuro in una casa accogliente di Onno. Davanti a loro un grande baule aperto emana un delicato e rassicurante profumo di bucato.
Profumo di casa, di famiglia, di sicurezza per i bambini stanchi.
Vennero rivestiti con panni puliti e asciutti.
Una casa a Oliveto Lariano
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Il dipinto rappresenta una tempesta. C'è una barca con un gran numero di passeggeri. Alcuni hanno le braccia levate al cielo, davanti a loro la costa è ostile, sono in mezzo alla risacca e vengono sospinti dove l'onda sta riprendendo forza e potrebbe essre fatale. Il cielo è livido e specchia i suoi colori nelle gigantesche onde del mare, non lontana dalla costa il vascello abbandonato dai naufraghi, sta colando a picco.
La nave è ripiegata e sta per colare a picco da un momento all'altro.
E' bello, il veliero, ma non c'è nella memoria di Linuccia.
Quello che la tormenta è che il quadro è stato dipinto dal nonno che era pittore, al quale la storia venne raccontata dalla figlia in modo corretto.
Passarono molti anni prima che si convincesse che il quadro apparteneva ad un'altra avventura e non era di certo di certo avvenuta al lago. Il nonno aveva viaggiato per mare, raggiungendo le località oltre oceano; a volte restava lontano sei mesi di cui almeno due li passava in nave. In casa sono conservate le sue lettere inviate dal "Conte Verde", il leggendario transatlantico che raggiungeva le Americhe.
Linuccia tuttavia non se ne è mai del tutto convinta e mostra ai visitatori il quadro del "suo naufragio", della "sua avventura" , delle urla strazianti della mamma con il lieto fine nella casa di Onno.
Replies:
Topic author: Elena Fiorentini
Replied on: 25/01/2007 21:02:29
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Una festa di compleanno
Topic author: Elena Fiorentini
Replied on: 06/02/2007 22:12:11
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La vista del quadro aveva contribuito a mantenere vivo il ricordo del naufragio, un ricordo imperfetto, a metà strada tra realtà e fantasia.
Basta solo un particolare, che potrebbe essere il profumo del gelsomino, o del caprifoglio, la lonicera che ricorda due ali di farfalla,la vista delle siepi di lauroceraso dalle grandi foglie lucide di colore verde scuro per fare affiorare alla memoria di Linuccia, ora adolescente, episodi che dovrebbero essere seppelliti e dimenticati.
Linuccia soprattutto aveva sofferto per alcune malattie tipiche dei bambini, per cui era richiesto il ricovero ospedaliero in isolamento.
La prima volta fu ricoverata. Un vero inferno. Ne fu segnata per anni. I primi giorni dovevano riguardare la guarigione della malattia, poi seguiva il periodo di quarantena, e non c’era più nulla da fare, non si sapeva come trascorrere le lunghe ore di noia, letti e camicioni di pesante cotone passato dall'ospedale. Durante le visite, consentite solo due volte alla settimana, i genitori si affollavano ai vetri delle camere chiuse a chiave, non si sentiva la loro voce, bisognava mettere gli orecchi vicino alle fessure. Durante i quaranta giorni di inferno in isolamento Linuccia vide la mamma solo una volta per pochi minuti e un’altra volta una delle due nonne. Il babbo veniva una volta alla settimana e non portava nulla, perché tutto avrebbe dovuto essere bruciato alla dimissione. Passò un periodo disumano, curata solo dal punto di vista medico, sola per oltre un mese, senza i suoi libri, i suoi giochi, i suoi amici. Responsabile la difterite, che faceva paura e mieteva vittime, soprattutto tra i bambini. Tornò a casa indebolita, ma a scuola riuscì a superare l’anno, anche se i risultati non furono brillanti.
Di notte aveva incubi e sognava le camerate illuminate dalla luce azzurra, la voce del bambino che poi morì, malgrado il polmone d’acciaio; i funerali degli ammalati di tifo del padiglione di fronte e i pettirossi erano l’unica distrazione. Avrebbe tanto desiderato avere i letto vicino alla finestra, ma non l’ottenne mai. La seconda volta fu colpita dalla scarlattina. Dopo il suo pianto disperato alla notizia che avrebbero chiamato l’ambulanza, la nonna si offrì di ospitare i fratelli in modo da potere tenere a casa la bambina. Linuccia restò a casa, viziata e con un po’ di rimorso per l’allontanamento dei fratelli.
La sua vita non fu più serena da allora. Ebbe sempre un fondo di tristezza, finché un giorno pensò di risalire ai ricordi del tempo in cui ogni piccola cosa nuova le dava una gioia senza fine.
Aveva pensato che se avesse imparato ad essere com’ era durante quell’epoca felice, sarebbe sta in grado di affrontare il futuro con maggiore serenità. Aveva solo 15 anni e davanti a lei una vita intera da vivere.
La chiave del segreto poteva essere trovata nel periodo trascorso a Lierna. Cercò di concentrarsi sugli episodi parlandone, guardando le foto, riannodando il filo della memoria ai momenti presenti, facendo sprofondare nella memoria profonda le sensazioni che la rattristavano per potere ricominciare a godere al meglio le gioie della vita.
Iniziò così il viaggio nella mente, tra ricordi di fatti veramente accaduti o solamente creduti tali.
Elena Fiorentini
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