La maschera da collezione
Stampato
da : Concerto di Sogni
URL Tema: https://www.concertodisogni.it/mpcom/link.asp?ID ARGOMENTO=16671
Stampato il:
27/12/2024
Tema:
Autore Tema: luisa camponesco
Oggetto:
La maschera da collezione
Inserito il:
06/05/2008 18:59:10
Messaggio:
Il pacco era ancora sigillato e Maria lo accarezzò quasi si trattasse di un figlio. Lo aveva atteso per molto tempo e in un primo momento pensò che l’ordine non fosse giunto a destinazione ma, eccolo ora, davanti a lei. Prese le forbici e tagliò lo spago, spostò il polistirolo che la proteggeva ed eccola apparire, splendida, la nuova maschera per la sua collezione. C’era un biglietto di accompagnamento scritto in inglese e lo tradusse:
Carissima Maria, perdona il ritardo con cui ti invio questa maschera, ma, trovarla è stato più difficile del previsto. L’uomo che me l’ha consegnata era stranamente spaventato, mi ha parlato di una maledizione, ma tu sai bene che le leggende abbondano nel mio paese, fortunatamente tu non sei superstiziosa. Appena troverò altri pezzi interessanti come questo te li spedirò.
A presto cara amica.
Fatma
Maria sorrise, conosceva bene Fatma e la sua abilità nel trovare rari pezzi di artigianato etnico, nel frattempo ammirò la sua maschera. Costellata di scaglie di turchese, contornata di argento annerito, denti di madreperla, nell’insieme incuteva un certo rispetto. Rappresentava una divinità, Maria non riuscì a darle un nome, ma una annotazione in fondo al biglietto diceva che era stata trovata in un villaggio ai confini con il Nepal. Gli abitanti si erano mostrati ben felici di disfarsene.
- Buon per me! – disse ad alta voce mentre cercava la parete giusta dove appenderla.
Forse per un gioco di luce ma, ebbe l’impressione che la maschera sogghignasse. Maria scrollò le spalle e si occupò d’altro.
La giornata trascorse, fra telefonate varie, un tè con le amiche e la cena con i colleghi. Tornò a casa stanca ma soddisfatta, un’ultima occhiata alla sua maschera prima di buttarsi sul letto ancora vestita.
La tigre allattava i suoi piccoli, invisibile, circondata com’era da una folta vegetazione. In lontananza alte cime montuose coperte dai ghiacciai facevano da sfondo ad un paesaggio strano e sconosciuto. Maria si accorse di osservarlo attraverso due fessure che non erano i suoi occhi.
Si trovò seduta sul letto, le mancava il respiro, allora corse alla finestra e la spalancò. L’aria frizzante della notte le diede sollievo. Il campanile batté le due, ormai era sveglia tanto valeva far qualcosa di utile così controllò l’inventario dei pezzi da esporre nel museo di cui era responsabile.
- Buon giorno Maria, oggi sei mattiniera.
- Ciao Veronica, manca poco all’inaugurazione e tutto deve andare liscio.
Veronica rise di gusto conoscendo la pignoleria con cui Maria preparava le mostre, il fatto che tutto andasse bene era più che scontato.
- Ti vedo strana, cos’hai? Non ti senti bene?
Alessandro, suo amico e collaboratore la guardava accigliato.
- Niente di grave ho dormito poco.
L’uomo non parve del tutto convinto ma cambiò discorso.
- Notizie di Fatma?
- Si, mi è arrivato un nuovo pezzo, una maschera da aggiungere alla mia collezione.
- Cosa rappresenta?
- Non l’ho capito, un idolo, forse un demone, devo ancora esaminarla per bene.
Il trillo del telefono interruppe la conversazione e Alessandro andò ad occuparsi della sistemazione, nelle varie sale, dei pezzi da esporre.
Quel giorno Maria chiuse l’ufficio prima del solito, voleva consultare alcuni fascicoli nell’archivio della biblioteca per trovare un disegno o fotografia che potesse, in qualche modo, dare una collocazione storica alla maschera che Fatma le aveva inviato. Non trovò nulla di preciso, solo alcuni riferimenti a statuette e maschere che la credenza popolare riteneva possedessero grandi poteri e, a seconda dell’uso fatto dai possessori, potevano avere conseguenze benigne o malefiche.
Gli occhi incominciarono a lacrimare segno che doveva riposare, quindi tornò a casa.
Il barrito dell’elefante sovrastò ogni altro suono della foresta mentre una nennia incessante preannunciava l’arrivo di una processione. Nel centro della radura una grande pira attendeva.
Maria osservava attraverso occhi che non erano i suoi. Donne in abiti colorati, due elefanti addobbati a festa, una barella sorretta da quattro uomini con il capo rasato portava un defunto. Dietro, sorretta da due donne, una giovane camminava a stento. Maria si rese conto di assistere ad un suttee. La giovane vedova, ad un tratto, si staccò dalle altre donne e cantilenando lasciò l’impronta delle mani su di un muricciolo posto alla base della pira. Solo allora Maria si accorse che numerose altre mani erano impresse su quel muretto a testimoniare che altre vedove erano passate per quel luogo . La donna avvolta in un velo color rosso cupo si stese accanto al marito mentre le prime fiamme saettavano verso l’alto.
Maria si alzò velocemente dal letto, corse nella doccia e lasciò che l’acqua scorresse su di lei.
Coincidenza? Quei sogni così strani erano cominciati da quando aveva appeso la maschera alla parete, forse si era lasciata suggestionare dalla leggenda che l’accompagnava.
La sveglia suonò alle sette in punto e trovò Maria seduta in cucina a studiare la maschera ed annotare le sue impressioni su di un taccuino. Decise di portarla al museo e di fare ulteriori ricerche.
- Ciao Maria! – Alessandro la salutò dalla porta del suo ufficio. – Sto andando in archivio ti serve qualcosa?
- Si aspetta un attimo! - La donna scrisse qualcosa su di un foglietto. - Cercami queste diapositive dovresti trovarle nella sezione Storia Orientale B/12
- Sono anni che nessuno consulta più quella roba, mah, non importa tanto sono già impolverato.
Se c’era una risposta l’avrebbe trovata in quelle diapositive scattate quaranta anni prima dal Cavalier Mauro Anselmi, filantropo e studioso di culture orientali .
Il museo nel quale Maria prestava la sua opera era stato fondato proprio da lui, grande viaggiatore che, con zaino in spalla aveva raccolto pezzi pregiati da tutte le parti del mondo per poi esporli trasformando la sua villa in un museo.
Poco dopo Alessandro riapparve portando una scatola marrone.
- Che strano Maria, pensavo di impiegare molto più tempo nella ricerca, invece, eccola qua, sembrava stesse aspettando proprio me.
Posò la scatola sulla scrivania.
- Cenetta romantica? – disse in tono scherzoso strizzando un occhio.
La battuta strappò un sorriso alla donna, che mai e poi mai avrebbe accettato simile invito.
- Grazie Alessandro, hai la mia riconoscenza.
L’uomo assunse una espressione dispiaciuta prima di andarsene. Con le mani tremanti aprì la scatola e cominciò ad esaminare le diapositive mettendole controluce, ma, senza un proiettore non poteva vedere con chiarezza.
Poco male, nella cantina di casa aveva tutto l’occorrente, lasciò una annotazione indicando il tipo di materiale che portava fuori dalla villa-museo.
Nella penombra del soggiorno, sulla parete bianca le immagini scorrevano e Maria si meravigliò di tanta bellezza, templi nascosti nella foresta, fiumi impetuosi, donne dagli occhi neri profondi , una cerimonia sikh, vette impervie ed inaccessibili e… qualcosa la colpì.
Tornò alla diapositiva precedente le parve scorgere qualcosa nel gruppo, frugò nella scatola e ne trovò altre rappresentanti la medesima scena ma da angolature diverse. Infine la trovò sul volto di un uomo, talmente nitida che pareva scattata il giorno prima..
L’uomo teneva le braccia incrociate sul petto e nelle mani stringeva due pugnali con la forma di un cobra..
Era un inizio ma si era fatto tardi e Maria preferì andare a dormire.
Il caldo era intenso e il tasso di umidità tale da far aderire gli abiti al corpo. Fastidiosi insetti si appiccicavano alle braccia. Farsi strada nella foresta era difficile e faticoso ma era necessario arrivare al tempio prima del calar del sole. Maria giunse ad un piccolo corso d’acqua e ne approfittò per bagnarsi, immerse le braccia brune nel torrente. Brune? Impossibile! Ma non solo le braccia, tutto il suo corpo era scuro… un rumore la mise in allarme afferrò il pugnale che teneva celato sotto il sari, un’antilope si stava abbeverando, trasse un sospiro di sollievo.
Non aveva tempo da perdere, osservò la posizione del sole, già la prima stella faceva la sua pallida apparizione. Trovò la pista battuta dagli elefanti, la giusta direzione, e s’incamminò veloce.
Questa volta il risveglio di Maria fu meno traumatico, incominciò a riflettere. In qualche modo lei e la maschera interagivano, anche se non seppe spiegarne il motivo.
Si rammentò di avere un incontro importante al museo e in un batter d’occhio si trovò a guidare nel traffico del mattino, ma aveva premura di tornare a casa. Il suo istinto di ricercatrice le suggeriva che il sogno appena fatto avrebbe avuto un seguito.
Ormai la luna era alta nel cielo i predatori notturni uscivano dalle loro tane, la caccia era aperta.
Maria attendeva, cercando di vincere la paura. Le fiaccole parevano occhi minacciosi che si muovevano nel cuore buio della foresta. Il gruppo avanzava trascinando un uomo legato e dietro di esso un altro portava la maschera sul volto e sul petto il tatuata la testa del cobra reale. Ad un tratto l’uomo mascherò guardò nella sua direzione, e lei istintivamente si accucciò fra il fogliame, ma ebbe la consapevolezza d’essere stata scoperta. Stranamente nessuno venne a cercarla e quando si alzò per controllare la situazione vide che tutti erano entrati nel tempio a preparare la cerimonia mentre il prigioniero era rimasto solo nella piccola radura, legato e senza sorveglianza. Una trappola per lei?Oppure non s’ erano accorti di nulla ed erano sicuri d’essere soli?Lo avrebbe scoperto presto doveva agire, subito. I sacrifici umani non erano inusuali ma erano proibiti, alcune sette fanatiche li praticavano ancora.
Uscì dal nascondiglio, pugnale in mano si avvicinò all’uomo, lui si scosse spaventato, lei gli mise una mano sulla bocca, lui la guardò e il suo viso si bagnò di lacrime. Tagliò in fretta i legacci di pelle e lo aiutò ad alzarsi. Ora era libero, l’uomo la guardò per un istante, un cenno di ringraziamento col capo e si dileguò nel buio della notte.
Il trillo della sveglia, Maria sbadigliò, guardò il soffitto e il lampadario che pendeva, fece un rapito calcolo del fuso orario poi chiamò Fatma.
- Sai Maria – rispose l’amica - Nella mia famiglia si racconta che cento anni fa, un mio antenato si salvò da una setta sanguinaria grazie all’aiuto di una donna dalla pelle scura, ma dagli occhi azzurri che lo liberò. La cercò per molto tempo senza mai trovarla. Non so quanto di vero ci sia in questa storia, ma resta il fatto che se il mio bis –bis- nonno fosse morto probabilmente io non sarei mai nata, e tu non avresti avuto un’amica che ti manda pezzi artigianali.
Dopo aver chiuso la comunicazione Maria rimase pensierosa, poi prese la decisione.
- E’ questa la maschera di cui mi parlavi? – Veronica la guardava ammirata – E’ bellissima, come mai è qui in ufficio?
- Ho pensato che il museo fosse un luogo più appropriato del mio appartamento.
- La regali al museo?
- E’ la cosa migliore.
- Posso chiederti un favore? – Veronica accarezzava la maschera. – Me la lasci tenere per una sera? Vorrei mostrarla a mio fratello, a lui piacciono queste cose.
Maria fu sul punto di dirle di no, ma le sembrò una vera scortesia.
- D’accordo Veronica solo per un giorno.
Quella notte Maria dormì profondamente senza sogni, e si svegliò rilassata e riposata.
Puntuale come ogni mattino, Veronica la salutò
- Ti riportato la maschera.
Maria notò gli occhi cerchiati di rosso della ragazza.
- Non ti senti bene?
- No, ho fatto un brutto sogno stanotte!
- Ti va di raccontarmelo?
- C c certo! - balbettò
- Pausa pranzo? – Veronica fece un cenno d’assenso prima di andarsene.
Maria prese la maschera.
- Bell’effetto fai alle persone, adesso ti sistemo io!
Prese un chiodo e il martello prima di dirigersi nella sala degli oggetti orientali. Cercò la parete giusta ed infine l’appese, poi si allontanò di qualche passo per vederne l’effetto.
- Perfetto! –
Ma quando Maria si allontanò un guizzo rossastro come un lampo improvviso, illuminò le orbite vuote della maschera ed i denti d’avorio brillarono per un istante in un malvagio sorriso .
Poi tutto tornò come sempre
Luisa Camponesco
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