La luna a mezzanotte
Stampato
da : Concerto di Sogni
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Stampato il:
26/12/2024
Tema:
Autore Tema: luisa camponesco
Oggetto:
La luna a mezzanotte
Inserito il:
08/11/2008 14:58:45
Messaggio:
(Qualsiasi riferimento a fatti o persone è puramente casuale)
Il canto del gallo, alle prime luci dell’alba, svegliò Luigi. Lui era sempre il primo ad alzarsi, come capo-famiglia sentiva la responsabilità di gestire la fattoria e la terra che la circondava coltivata a frumento e mais.
Riscaldò sul fuoco il minestrone del giorno prima e mentre il profumo si spandeva nella cucina, Agata, sua moglie lo raggiunse.
- Perché non mi hai svegliato? – avvolta in un ampio scialle la donna si diresse al camino e ravvivò il fuoco morente .
- Vado a mungere le mucche. - Luigi col cappello sulla testa, preso un secchio si diresse verso la stalla da dove giungeva il muggito delle sei mucche tutte di razza frisona. Davano del buon latte, una vera benedizione del cielo. I tempi erano duri e le notizie che circolavano in paese lo mettevano a disagio.
La nebbia del mattino si era dissolta e aliti di vento portavano profumo di terra ed erba. Luigi respirò profondamente, amava qui luoghi e sperava che un giorno anche i suoi figli avrebbero condiviso questo sentimento.
Il secchio non era ancora colmo di latte ma poiché la Bruna allattava la sua vitellina, Luigi non se la sentiva di mungerla.
- Mangia piccola così quando sarai grande mi darai anche tu del buon latte.
Agata gli andò incontro.
- I ragazzi si sono svegliati ed hanno fame la polenta è già pronta.
Polenta calda e latte appena munto, una vera leccornia per i loro figli che crescevano a vista d’occhio sani e robusti e Luigi, per questo, ringraziava ogni giorno il buon Dio.
Giuseppe era sempre il primo sedersi a tavola, mangiava più dei fratelli nonostante fosse magro come un chiodo. Diciassette anni ma ne dimostrava di più, poi era nata Caterina più giovane di un anno, poi Anselmo, Federico ed infine Mariuccia, la piccolina di sei anni.
Luigi li contemplò, seduti a tavola mentre affondavano i cucchiai nella polenta posta sul tagliere. Unico rimpianto non aver potuto mandarli a scuola, ma avevano imparato comunque a leggere e scrivere, grazie alla pazienza e alla costanza di Agata.
Matrimonio contrastato il suo, Agata apparteneva ad una famiglia agiata, aveva studiato in collegio, ancora un anno e sarebbe diventata maestra, ma aveva incontrato lui, Luigi Marchini, in un giorno di primavera.
Agata, nonostante i cinque figli, conservava ancora un fisico snello, anche se le mani erano ruvide e spesso arrossate dal freddo. Per amor suo lei aveva lasciato tutto, famiglia, benessere e un ricco pretendente. Diseredata, si era trasferita in campagna presso la famiglia di Luigi e con la dolcezza aveva vinto la diffidenza dei suoceri. Anni difficili quelli per una giovane donna abituata ad essere servita, ma Agata si era adattata e aveva imparato a lavorare a maglia, ricamare, aiutava la suocera in cucina e spesso governava le mucche, vera ricchezza della famiglia.
- Oggi devo andare in città, figlioli è giorno di mercato, Giuseppe verrai con me è ora che tu impari come si compra e come si vende, se mi succedesse qualcosa sarai tu ad essere responsabile della famiglia.
- Cosa dovrebbe accaderti, sei forte e sano. - Agata cercò di mascherare il disagio di quella frase versando ancora del latte nella tazza di Giuseppe e ignorando le proteste degli altri figli..
Il carro era pronto, dopo aver caricato le gabbia con le galline e messo al sicuro le uova, Luigi schioccò la lingua e, Giogiò, il vecchio ronzino pigramente si mosse.
- Babbo sono d’accordo con mamma quando dice che tu sei forte e sano.
- Non si sa mai cosa può accadere nella vita figliolo, meglio essere pronti a tutto.
La preoccupazione di Luigi non era dovuta alla sua salute, ma giorni prima si era sparsa la notizia dell’assassinio dell’arciduca. Francesco Ferdinando a Sarajevo, ed era convinto che le conseguenze di quel gesto si sarebbero presto verificate e nel peggiore dei modi.
- Giogiò è sempre più lento babbo, dovremmo comperare una automobile, come quella dei Rinaldi.
- Ma sull’automobile non potremmo caricare le galline o i maiali da portare al mercato e poi i Rinaldi non sono contadini, vengono in campagna solo per le vacanze. Ehi giovanotto! Non metterti in testa strane idee, ho visto come guardi la giovane Margherita.
Giuseppe nascose il rossore al volto calcando il cappello sulla fronte.
Mantova era ancora avvolta dalla nebbia quando vi giunsero; il Mincio scorreva lento ed indifferente agli eventi che si stavano preparando.
Come sempre Luigi riuscì a vendere galline ed uova ad un buon prezzo e col ricavato comprò farina bianca e gialla, un maialino e quattro sacchi di frumento.
Prima di tornare alla fattoria Luigi volle fare una sosta all’osteria del Cantinaccio e così fra un bicchiere di vino e pacche sulle spalle la parole “guerra” passò di bocca in bocca.
- Ci sarà la guerra babbo?
- Domani metteremo il foraggio al coperto, se si bagnasse marcirebbe .
- Babbo, se scoppiasse la guerra io sarò pronto a partire..
- Ti farai ciò che ti dirò di fare. -
Scuro in volto Luigi schioccò la lingua e Giogiò aumentò l’andatura.
Nei giorni seguenti alla fattoria si svolse il solito lavoro, padre e figlio non tornarono più sull’argomento “guerra” anche perché nella tenuta vicina erano tornati i Rinaldi e Giuseppe era in fibrillazione.
Come di consueto, Anselmo Rinaldi fece visita all’amico Luigi. Il suo arrivo, preannunciato dal rumore del motore dell’automobile e dal fumo che fuoriusciva dal tubo di scappamento.
Giogiò protestò con un sonoro nitrito..
- Sapete una cosa Luigi? Da domani userò il calesse questa macchina prima o poi mi ucciderà. Ho necessità di parlarvi ma in privato è una cosa importante.
Luigi fece cenno di seguirlo. Si diressero verso il campo e quando furono abbastanza lontani dalla casa Anselmo prese nervosamente un sigaro dal taschino ma non lo accese.
- Quello che vi dirò deve rimanere fra me e voi. Immagino sappiate cosa sta accadendo.
- So di Sarajevo.
- Quello è solo l’inizio c’è molto di più in ballo. Sono stato richiamato, dovrò recarmi a Roma perché fra qualche giorno si riunirà lo Stato Maggiore dell’esercito ed io…vi scongiuro, tutto ciò che vi dirò dovrà rimanere un segreto fra noi; la posta in gioco è altissima.
Luigi inghiottì aria e un peso grosso come un macinio gli schiacciò il petto.
- Allora ci sarà la guerra! – sussurrò
- È inevitabile, solo questione di tempo. Proprio oggi gli austriaci hanno dichiarato guerra alla Serbia e l’invasione è già iniziata. Non domandatemi come mai sono a conoscenza di questi fatti, non potrei rispondervi. Quello che vi chiedo ora è un grosso favore. Per motivi di sicurezza lascio la mia famiglia qui in campagna e affido a voi e ai vostri figli il compito di controllarla e starle vicino. Non so per quanto tempo dovrò assentarmi, mia moglie e le mie figlie non hanno mai saputo qual è il mio vero incarico, pensano sia un commerciante. Luigi amico mio per qualunque cosa potete contattarmi a Roma, eccovi il mio recapito. Parto oggi stesso, vado a fare il mio dovere di italiano. Pregate per me
Se ne andò quasi correndo per non mostrare gli occhi arrossati dalla commozione e Luigi si ritrovò solo, in mezzo al campo con una busta fra le mani.
L’Europa cadde nel baratro, ma ben poco di quegli eventi influenzò la vita della campagna; il canto cantava ogni mattina, la mucche di Luigi davano latte in abbondanza, l’orto profumava l’aria con le sue erbe aromatiche e, lungo il sentiero che divideva le proprietà, due giovani camminavano, mano nella mano.
- Sono preoccupata per papà, non abbiamo sue notizie da mesi.
- Non crucciarti Margherita sono sicuro che presto lo rivedrai..
Giuseppe cercava di confortarla e per distoglierla dai cupi pensieri la sfidò in una corsa lungo il fossato.
- Ti ho battuto, ti ho battutooo. – I capelli si erano sciolti nella corsa ed ora le incorniciavano il viso, era bellissima.
- Sei sempre stata più veloce di me! – Mentì Giuseppe mentre il cuore gli scoppiava in petto.
Agata era apparsa al limitare del campo e con la mano richiamò l’attenzione dei due ragazzi.
- Signorina Margherita queste sono per vostra madre. – le porse un cesto colmo di uova. – Quest’anno le nostre galline sono più generose del solito. Più tardi Giuseppe vi porterà anche la verdura.. - Margherita prese il cesto e ringraziò di cuore.
-Nel pomeriggio devo recarmi a Mantova. – Luigi lo disse mentre col pane raccoglieva l’intingolo del pollo arrosto.
- Ma sei andato anche ieri! – esclamò Agata con disappunto.
- Vengo anch’io babbo!
- Tu Giuseppe rimarrai alla fattoria, il recinto dei maiali deve essere riparato prima che quelli ci rovinano l’orto con le loro uscite, adesso è meglio che vada, prima parto e prima torno.
Li lasciò mentre erano ancora tutti a tavola in questo modo non avrebbe dato ulteriori spiegazioni. Giogiò lo aspettava .
Mantova era cambiata, ora si vedevano soldati a cavallo, movimento di carri e la gente parlava a bassa voce.
- Luigi! continuate a camminare senza voltarvi, girate a destra al primo incrocio.
Luigi, tenendo Giogiò per la cavezza, seguì le istruzioni.
Anselmo Rinaldi gli apparve smagrito e pallido in volto.
- Grazie d’essere venuto ero sicuro che avreste compreso il messaggio.
- Sono convinto che ciò che dovete comunicarmi è importante. – rispose Luigi
- Ed io vorrei che non lo fosse. Devo partire per Londra è una missione segreta non so per quanto tempo rimarrò via. Ma voi preparatevi, è questione di mesi e l’Italia entrerà in guerra. La mia famiglie è nelle vostre mani. Che Dio ci protegga.
Si dileguò in una strada laterale e Luigi rimase nuovamente solo.
Quella notte non riuscì a prendere sonno, affacciato alla finestra ascoltava i rumori portati da un alito di vento ; nella stalla, il vitellino belava e un gatto miagolò.
- A cosa pensi Luigi? – Agata gli si era avvicinata.
- Pensavo a noi, a quando ci siamo conosciuti e a quando ti ho chiesto di diventare mia moglie. Era una notte come questa, ti eri allontanata di nascosto da casa tua ed io ti aspettavo vicino al ruscello. Guarda Agata è la stessa luna.
- Ed è anche la stessa ora. – soggiunse Agata. – E’ mezzanotte.
Rimasero a contemplarla e, sull’onda dei ricordi, si abbracciarono.
Il 23 maggio 1915 l’Italia dichiarò guerra all’Austria.
Ormai non si parlava d’altro, in campagna apparvero i primi militari con lo scopo di reclutare i giovani per il fronte.
- Dov’è Giuseppe?
- Ho tanta paura Luigi temo sia andato a Mantova ad arruolarsi. – Agata era in lacrime per tutta risposta Luigi sellò il cavallo.
Anche Giogiò percepì l’urgenza del momento perché il suo trotto non era mai stato così lesto.
La città era tutto un brulicare di militari, di movimento di carri carichi di munizioni, muli trainavano cannoni e la gente gridava.
Luigi chiese ad un giovane ufficiale dove ci si arruolava e quegli gli indicò una tenda poco distante. L’uomo ignorò la fila di giovani davanti all’ingresso e si diresse all’interno
- Cognome e Nome! – il militare non alzò nemmeno gli occhi.
- Sto cercando mio figlio, Marchini Giuseppe, sono sicuro che è stato qui!
- Non abbiamo tempo da perdere o ti arruoli o te ne vai.
Con il cappello fra le mani e il capo chino Luigi si avviava all’uscita quando: “Se vuoi salutarlo lo trovi alla stazione partirà fra venti minuti.”
Forse anche quell’ufficiale aveva un figlio come il suo. Luigi ringraziò e si mese a correre.
La stazione era gremita di giovani, ridevano, cantavano erano felici come andassero ad una festa.
- “Chissà quanti di loro torneranno”- pensò Luigi mentre cercava il volto di suo figlio.
Lo vide appoggiato al finestrino della tradotta.
- Giuseppe, Giuseppeee!! – urlò
- Babbo cosa fai qui?
- Cosa fai tu figlio mio!
- Vado a difendere la mia Patria. Tornerò vedrai, abbraccia mamma per me.
Il treno era già in movimento e Luigi affrettò il passo per prolungare quei momenti preziosi. Un fischio e il fumo della locomotiva si confusero con le note della canzone:
Di nuovo solo, ma questa volta era peggio, un figlio se n’era andato. Non seppe spiegarsi cosa lo spinse a tornare nella tenda dell’arruolamento.
- Marchini Luigi voglio arruolarmi ma prima vorrei avvisare la mia famiglia.
L’ufficiale fece un cenno d’assenso col capo e Luigi tornò alla fattoria.
Trovare le parole per dire alla famiglia che stava andando alla guerra non fu facile. Agata non pianse al contrario dei figli ai quali raccomandò di prendersi cura gli uni degli altri senza dimenticare i Rinaldi.
- Anselmo mi accompagnerà in città in quanto te, moglie mia, sappi che ogni notte guardando la luna io sarò vicino a te.
Due anni erano già trascorsi da quel giorno, Luigi aveva vissuto nel fango, sofferto il freddo d’inverno e il caldo d’estate, calmato la fame con patate lesse, ma Giuseppe era vivo e stava bene, Anselmo Rinaldi lo teneva informato e vegliava su di lui, come loro avevano fatto con la sua famiglia. Ma la guerra sembrava non aver mai fine.
L’Isonzo era avvolto nella nebbia quella sera del 23 ottobre 1917, l’umidità intensa, non si vedeva la sponda opposta e tanto meno si sapeva cosa il nemico stesse tramando.
Luigi alzò il bavero della giacca, scrosci di pioggia e vento battevano la piana di Tolmino.
- Prepariamoci ad un’altra nottataccia. – disse il tenente – Occhio Marchini, quando mi prude la nuca qualcosa non va.
Gli ordini erano di tenere la postazione a qualsiasi costo. Luigi si sentiva sereno, aprì il portafoglio e contemplò la foto di Agata e poi quella dei loro figli. Si domandò cosa stessero facendo in quel momento. Forse erano già a letto, chissà com’era cresciuta Mariuccia, adesso aveva otto anni, sarebbe diventata bella come la mamma?
Assorto in questi pensieri non si accorse della granata rotolata ai suoi piedi ma stranamente non esplose come il solito, invece uscì uno strano vapore che gli invase i polmoni.
Scivolò lentamente al suolo le palpebre si fecero pesanti e all’improvviso la nebbia scomparve.
La vide… protese le braccia verso l’alto e la sua anima si perse nel bianco chiarore della luna a mezzanotte.
Luisa Camponesco
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