Stampa Pagina | Chiudi Finestra

U’ cuntastorie (Il cantastorie)

Stampato da : Concerto di Sogni
URL Tema: https://www.concertodisogni.it/mpcom/link.asp?ID ARGOMENTO=17359
Stampato il: 22/12/2024

Tema:


Autore Tema: riccardo resconi
Oggetto: U’ cuntastorie (Il cantastorie)
Inserito il: 04/03/2009 18:12:13
Messaggio:

U’ cuntastorie (Il cantastorie)


Il rumore delle cicale era assordante.
Immersi nella campagna di Noto,tra vecchi casolari di campagna abbandonati e distese infinite di campi di granoturco,il cui giallo faceva sembrava tutto più luminoso ,noi ragazzi eravamo appollaiati su un vecchio muretto a secco,quasi confusi con la natura.
Da li a gambe penzoloni,incuranti del caldo e sopraffatti dalla noia,impegnavamo il tempo a tirar sassi contro alcuni vetri di finestre, ormai consumate dal tempo.
La scuola era da poco finita e trascorrere le giornate , era cosa assai impegnativa.
Qualche volta ,si andava al fiume Cassibile che scorreva a nord del paese.
Da lì, ci si tuffava nelle varie anse che si creavano,con indosso solo un paio di mutande ,dall’alto di un masso che fungeva da trampolino,lanciando urla da veri e propri Kamikaze.
Altre volte,facendo scorribande o giocando alla guerra imitando i soldati americani,con le loro chewingum in bocca e il loro strano modo di parlare,sparandoci contro con dei finti fucili di legno pittati di neri.

Erano gli inizi degli anni ’50.
Le case e le strade , portavano ancora i segni del conflitto.
Dei suoi effetti ce ne accorgevamo tutti in casa ,quando a pranzo la mamma doveva inventarsi come riempire la pancia di ben sette persone.Faticando a preparare una zuppa di vegetali.
Eravamo cinque figli,due maschi e tre femmine.
Io ero il mezzano ,ed avevano scelto per me il nome di Francesco in omaggio al Santo di quel paese del Centro Italia, di cui papà ci raccontava spesso la storia.
Un personaggio,che ammiravo,perché questi aveva una parola per tutti e , nella mia mente di ragazzo di 11 anni all’epoca,fantasticavo su quale potesse essere la magia che gli permetteva di parlare agli animali.
Papà non aveva fatto la guerra,in quanto non abile per problemi cardiaci.
Penso che fossimo stati molto fortunati ad averlo con noi in casa.
Sia perché portava qualche soldo in più per la famiglia con lavoretti saltuari ,ma anche perché la sera ci raccontava sempre delle storie prima di andare a dormire.
In quella maniera avevamo superato cosi, le terribili notti di quando i bombardamenti facevano tremare i muri e i nostri cuori.
Intorno al fuoco del camino noi figli ,di quelle storie ne restavamo sempre affascinati e fantasticavamo su di esse.
Papà era figlio di un Cuntastorie, che proveniva dalla città di Paterno’, prima di trasferirsi a Noto.
Il nonno si chiamava Orazio.
E quest’ultimo aveva insegnato al figlio,la tradizione del racconto orale.
Papà custodì gelosamente tutto quello che aveva appreso,pur non avendo mai praticato la professione. Ma diceva che ne aveva conservato con cura,anche tutti gli strumenti atti a praticarla
Lui però preferiva l’artigianato del legno.Era falegname; sebbene la bottega fosse stata distrutta dal colpo di un mortaio ,una notte tra le tante..

Sentii litigare per la prima volta i miei genitori ,una sera.
Stavo andando in cucina a prendere un bicchiere dì acqua.
Rimasi nascosto dietro la porta,quanto basta per capire che i soldi erano ormai finiti e bisognava prendere al più presto una decisione,che ne portasse in casa.
Papà uscii furibondo dalla stanza e prendendo la coppola dall’attaccapanni sul muro,sbattè la porta.
La mamma seppure in lacrime, non era meno determinata rispetto a ciò che aveva sostenuto.
Lui rientrò dopo una ora.
Abbracciò con slancio la mamma.
La pace era fatta e la decisione presa.
Papà avrebbe rispolverato gli insegnamenti del nonno Orazio.
E avrebbe portato in giro per la Sicilia “lo spettacolo del racconto”.

La mattina dopo a buon’ora, sentii urlare; Francescoooooooo,scendi dal letto,sciacquati la faccia e vieni con me.
Feci un sobbalzo.Non avevo mai visto cosi determinato papà.
Ma la cosa mi piacque.
Mi vestii in fretta e ,mangiando per strada un pezzo di focaccia della mamma,ci dirigemmo verso il centro del paese.
La mano che stringeva la mia,era solida e determinata, ed il suo volto era illuminato da una luce insolita,piena di speranza e di gioia.
Per un attimo mi sembrò quasi che stringessi la mano del Santo.
Quello di cui mi narrava le gesta.
Arrivammo davanti ad un palazzo d’epoca.
Bussammo, e il custode ,tale Don Aurelio,vedendolo lo strinse al petto,dicendogli solo “ti aspettavo”.
Scendemmo negli scantinati del palazzo,di proprietà di una famiglia nobile, senza farci notare.
Una vecchia chiave a grimaldello aprì la porta che ci divideva dal segreto.
All’interno due bauli impolverati.
Li caricammo su un vecchio carretto, trascinato da un’asino che sembrava avesse cento anni e, salutammo il custode che augurò ancora una volta brevemente “buona fortuna,amico mio.”
Arrivati a casa, aprimmo con forte curiosità.
Tutta la famiglia era intorno a questi due bauli,come se ci aspettassimo dopo l’apertura, di trovare chissà quali pietanze succulenti,salami o vino,pane o frutta.
Una chimera.
Papà iniziò pian piano ad estrarre,come fa un mago col suo cilindro,rotoli e rotoli di pergamena sgualcita e anche maleodorante di muffa.
Un cavalletto di legno chiaro;una chitarra senza due corde;un panciotto nero;una coppola nera;una fisarmonica con alcuni tasti non funzionanti ed altri vari ammennicoli.
La delusione era sul volto di tutti i figli, e questo non fece altro che accrescere la determinazione di papà di intraprendere quella strada, per poter dare del pane ai propri figli e vederli loro sorridere.
Sorrisi che la guerra aveva cancellato.
Il giorno seguente ,dopo essere stato nominato il suo assistente personale,caricammo il carretto e imbrigliato l’asino,dati in prestito da Don Aurelio,e partimmo.

In quel periodo,le piazze dove poter svolgere quel mestiere erano rare.
Normalmente,un cuntastorie,lo si poteva trovare in tutte le feste popolari,ma ancora la guerra, ne aveva dimezzato le presenze, sebbene la voglia di uscire al cielo aperto e di incontrarsi della gente era tanta.
Passammo diversi paesi e incrociato diversi bivi.
Un parroco che scendeva a tutta velocità da una stradina sterrata con la sua bici,fece quasi spaventare il nostro fiero ronzino,ma tutto si risolse in un ragliato di rimprovero.
Venimmo così a conoscenza che a Palazzolo Acreide, si svolgeva la festa della Madonna del grano.
Giunti in paese,le decorazioni pagane (lustrini e striscioni) erano ridotti all’osso,ma la chiesa era tirata a lucido con il baldacchino pronto ad ospitare sulla sua cima la Madonna,che avrebbe fatto il giro del paese trasportata da dodici uomini vestiti di bianco.
Trovammo un angolo molto carino dove fermarci.
Era la casa tutta in pietra di un vecchio preside del paese,dove un tiglio che la percorreva nella sua interezza,sembrava quasi ne lacerasse la facciata.
Con un fare quasi chirurgico,papà estrasse il cavalletto di legno dove poter poggiare le sue pergamene disegnate e passandomi la chitarra da reggere , si sedette su di un piccolo sgabello da lui costruito e normalmente usato in casa per poggiare i piedi quando erano indolenziti.
Mi mise in mano una sorta di bacchetta per poter indicare i punti salienti del racconto e lo spettacolo ebbe inizio.
Dapprima avvenne una cosa che mai avrei immaginato.
Papà, in una sorta di misticismo,iniziò a cantare una melodia triste e pian piano la musica della chitarra entrò con descrizione combinando un vortice fatto di suoni e parole.
I primi curiosi si fermarono,mentre la gente del vicinato si avvicinava portandosi dietro una sedia per poter essere più comoda per l’ascolto.
Io con la mia bacchetta,indicando i disegni della pergamena , fatti da artisti siciliani ad olio su tela,mi sentivo importante quanto un direttore di orchestra.
La storia che si narrava ,era quella di un picciotto socialista ammazzato dalla mafia,perché voleva equità e pane ai braccianti che invece erano nella miseria più assoluta.
Ricordo ancora adesso,dopo tanti anni quella canzone o almeno dei passi che ritengo sempre vivi e attuali.
**************** ***************** ********************

Figghiu,tu mori ammazzato (Figlio tu morirai ammazzato)
A Sciara li patrona,armi e dannati
liberta’ (i padroni di Sciara,dannati,ammazzano chi vuole
Ammazzannu a cu voli libertati
Dissi,la terra e’ di cu la travagghia (dissi,la terra e’ di chi la lavora)
Pigghiati li banneri e li zappona (prendete le bandiere e gli zapponi)
C’e’ na liggi chi nun sbagghia e menti (c’e’ una legge che non sbaglia e mente)
Dice;pani a a li panzi vacanti (dice,pane alle pance vuote)
Robbi a li nudi,acqua a l’assitati (vestiti ai nudi,acqua agli assetati)
E a cu travagghia onuri e libertati (e a chi lavora onore e liberta’)

Tratto da: Lamentu pi la morti di Turiddu Carnivali
**************** ***************** ********************
Quella sera non la dimenticherò mai.
Fu un esordio col botto.
La gente non smise di applaudire per un attimo ,mentre le varie vecchiette riempirono più di un fazzoletto per le lacrime versate.
Le sere che si susseguirono ebbero anche altri risvolti.
I temi trattati erano tantissimi.
O si narrava di Santi che compievano miracoli,o di storie d’amore travagliate; storie dove il bene trionfava sul male; storie epiche: storie cavalleresche o di feroci saladini.
Papà si inventò anche quella della vendita di foglietti con la storia raccontata e certe volte fermava quella recita sul piu’ bello,fino a quando non erano stati venduti tutti,poi continuava con il finale della storia.
Tutta l’estate la passammo in giro e devo dire che gli affari andarono anche piuttosto bene.
Quando tornammo,c’erano soldi abbastanza da poter campare decentemente per un po’ di tempo.
Qualcosa anche per poter sistemare la bottega di papà.
Quando ripresi scuola,lui ripartì da solo.
La sera davanti al camino,diventavo io il maschio di casa e raccontavo dell’avventura avuta .
Quella sua gestualità , quella voce suadente e carica di emozioni,la sentivo ancora così reale che mi accompagnava per il resto della notte.
Ma avevo fatto anche tesoro di come un padre,per l’amore della propria famiglia, possa mettersi in gioco,scoprendosi un uomo diverso,un uomo desideroso di dare agli altri.

Figghiu,ti l’arrubbavu la bannera, (Figlio,te l’ho rubata la bandiera)
Matri ti suggniu e cumpagna sincera (madre ti sono e compagna sincera)


patapump


Concerto di Sogni : https://www.concertodisogni.it/mpcom/

© 2001-2024 Concerto di Sogni - B.A. & R.M