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Il vestito della sposa

Stampato da : Concerto di Sogni
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Stampato il: 23/12/2024

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Autore Tema: ophelja
Oggetto: Il vestito della sposa
Inserito il: 08/01/2012 19:02:34
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Il vestito della sposa

Si erano conosciuti in una sosta in un autogrill della Firenze-Roma.
Una pausa per prendere un caffè e fare benzina mentre un cielo grigio riportava con nostalgia alle ferie appena terminate.

“Anche la fila!” aveva pensato l’uomo alla guida della sua rombante auto, mentre imboccava una delle corsie della stazione di servizio.
Svogliatamente, sganciandosi la cintura per stirarsi meglio, aveva guardato nello specchietto retrovisore.
Una bruna, con gli occhiali da sole abbassati sul naso, si sbracciava dal finestrino di una decapottabile per richiamare la sua attenzione.
“Ma devo tamponarti per farti girare?” gli gridò la visione sporgendosi ancora di più dal finestrino.
L’uomo, un noto professionista al giro di boa dei quaranta, si guardò intorno per vedere se fosse veramente lui l’oggetto dell’interessamento e poi, indicandosi con aria interrogativa, scese dalla macchina e si avvicinò alla donna.
“Dice a me?”
La donna, che si era tolta gli occhiali da sole, lo guardava adorante con un sorriso a trentadue e passa denti, gli sussurò con voce suadente:
“A chi altri, mio fascinoso dongiovanni.?”
L’uomo, già fuso dallo sguardo della maliarda, a quelle parole si sentì definitivamente nella parte.
Poggiò una mano sulla maniglia della portiera e prendendo la mano che la donna gli tendeva, disse soltanto “Andiamo”.

Seguì un periodo incantato in cui nessuno dei due chiese spiegazioni sull’errore di persona a monte della loro conoscenza e nessuno dei due si sentì in dovere di darne.
Furono felici e, dopo qualche mese, decisero anche di sposarsi in comune.

La cerimonia, fissata in una esclusiva località mondana data la notorietà e i mezzi dello sposo, aveva richiamato uno stuolo di curiosi.
L’uomo, visibilmente emozionato nell’elegante abito da cerimonia, aspettava già da venticinque minuti!
“E si che le avevo detto quanto mi scoccia aspettare” diceva sottovoce ad uno dei suoi testimoni,
“ma lei ecco che mi lascia come uno stupido a passeggiare in questo giardino”
Gli amici cercavano di distrarlo: “Chissà come sarà bella” diceva uno. “Con il suo fisico e il suo gusto, ti lascerà a bocca aperta” diceva un altro. “Vedrai che sarà valsa la pena aspettare” continuava un terzo.
Poi:”Ecco la macchina. Sta arrivando la sposa!”

L’auto della sposa, una berlina nera anni venti, addobbata con ghirlande di fiori , non era propriamente bene augurante e qualcuno si sorprese perfino a discreti gesti scaramantici...
E finalmente la sposa.
L’autista (la sposa era arrivata con il celebre sarto Igor Pollini, creatore del suo abito) aprì la portiera e lei fu fuori nel sole e negli Ooooh! dei presenti.

La mise era senza dubbio originale: la gonna, in tessuto cannetè era a palloncino e , all’altezza della vita, aveva tantissimi fiori multicolori di diverse altezze che si allungavano verso il corpino.
Ghirlande di edera ricadevano dalla vita a simulare un ondeggiante strascico mentre un finto manico dell’ideale cesto, sempre provvisto di fiori ed edera, spuntando dalla parte destra della vita della sposa, tornava a tuffarsi nella selva di fiori dalla sua parte sinistra , non senza però aver oltrepassato la graziosa testolina della sposa, giustamente guarnita da piccoli fiori bianchi.

Il sarto, visibilmente soddisfatto dalla sua creatività, aveva inteso sottolineare come la sposa fosse il più bello e più raro dei fiori del creato e, al momento , il più importante di quel cesto-gonna.

Lo sposo, intento a parlare con il sindaco officiante la cerimonia, al brusio delle non celate esclamazioni di sorpresa degli astanti, si era voltato e, sulle prime, non aveva capito che quel fluttuante cesto di fiori era nientedimeno che la sua sposa.
“La compagna della vita.”
“La donna da amare fino a che morte non vi separi.”
“La madre dei tuoi figli.”
“La pazza sciagurata che se si fa plagiare da un pazzo sciagurato in cerca di pubblicità e di cheques“

Lo sposo, allibito in mezzo a tanto tripudio, così pensava mentre la breve cerimonia andava avanti.;
e si era già al “Vuoi tu sposare la qui presente.....”

Uno scatto d’orgoglio e un “Fossi matto. Ma voi, “ e qui si rivolse con un gesto teatrale ad effetto agli invitati e ai curiosi che continuavano a gremire la verde location “la sposereste una che si concia in questo modo il giorno del suo matrimonio?”
“Io ..” e qui fece un inchino alla sua sbalordita compagna “ho scoperto che sono allergico ai Pollini, specialmente se sarti...” e ridendo fra sé della battuta che gli era salita spontanea alle labbra, abbandonò la scena.

Il giorno dopo, la sposa-bouquet ricevette un bellissimo cesto di rare piante grasse ; sul biglietto c’ era scritto: “ Non volermene e buona fortuna. Lo sai che sono un cactus”.


Ophelja


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