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LA GUERRA DEL FORNAIO

Stampato da : Concerto di Sogni
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Stampato il: 22/12/2024

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Autore Tema: Domenico De Ferraro
Oggetto: LA GUERRA DEL FORNAIO
Inserito il: 10/02/2020 17:43:12
Messaggio:

LA GUERRA DEL FORNAIO

DI : DOMENICO DE FERRARO


Sono segnato dal male che strugge il mio animo , l’amore mi trascina verso il fondo , verso quello che provo nell’attimo di un sentimento , mite come un canto primaverile . Il quale sboccia dall’inverno ideale, dall’ugola del cantore errante , nella ragione ed altre congiunture di un vivere filosofico che mi condurranno a credere ad essere quello , ho sempre cercato. Ed i fili dei panni stesi al flebile sole di febbraio, si asciugano in fretta nel vento marino , così la morte coglierà ognuno di noi di sorpresa. Ci sono giovani legati a fili interminabili di idee con due , tre testi poetici , teste pensanti che rideranno , capovolte nella logica dei fatti . Una storia fragile , figlia della sorte. Volano alto gli uomini con l’ali , sembrano angeli, figli di una leggenda , di un peccato antico. Tutto il mondo si raccoglie in preghiera , dalle chiese sepolcrali si udirà un lungo lamento . La gente volge il suo passo nella speranza di essere e di ottenere quella libertà agognata. Ed il canto di febbraio porterà l’amore sperato , sentito nell’animo afflitto , porterà con se le sue note bizzarre , i suoi acuti feroci , ci farà provare il gusto di un vita raminga . E come il cammello attraverso la cruna di un ago , anche il lupo ululerà alla luna , ed i beduini giocheranno a carte sotto le palme di cartapesta . Giocheranno tra la sabbia che scorre nel vento . E questo volgere in altri intendimenti , ci condurrà alla fine del viaggio , verso l’incoscienza di essere amici o nemici di un genio fedifrago , falso , senza spina dorsale , così basterà fare un salto nel buio della fantasia per capire ogni cosa detta.

Ed il pane è profumato e sa di storia ,sa di amori clandestini , sono questo dire che vado raccogliendo tra mille domande. Lavoro , inforno e faccio il sordo poiché so di essere morto. E bello rivedere le file dei soldati ritornare dalla guerra , ritornare stanchi di raccogliere concetti banali , in brughiere di alabastro , sotto false logiche , in guerre elettriche , epigono di un volgere la mente in una ragione metafisica, fatta ad immagine della ragione sociale , fatta ad immagine di un trascendere per capire il nesso logico di chi apprezza e discute della vita in genere. Come ogni forma e contenuto. La morte non regala nulla di buono ti da un bacio nell’oscurità, ti conduce dove credi sia giusto poi svanisce in altri intendimenti ed altre storie, epigono di fustigati costumi , chimere, chimiche estrapolazioni mentali di tragici eventi . Attaccato ad un ombrello sotto una pioggia, scendono le lacrime di angeli disperati. Ascolto i canti di guerra li ascolto con l’ali piegati nel vento dell’amore regalato o comprato a poco prezzo , lungo statali impervie, in altri lidi, vedremo ritornare l’onda dal mare , sciogliere i nodi del pettine. Mani unirsi congiunti , nella preghiera, nell’ amore cantato , figlio delle cielo , della cicala di altre speranze spezzate , vedute a meta prezzo a dotti e sapienti .

Sei buffo vestito da fornaio
Sono vicino al tuo cuore
Scinne fa ampresse, cosa mi devi dire ?
Sono come l’acqua del mare
Sono io che ti conduco oltre questo presagio
Il mio viaggio sta per giungere al temine
L’amore è stato clemente con me
Ti sei chiuso in te stesso
La storia mi ha condannato
Eri un fornaio
La morte ora viene a reclamare il dovuto
Se saresti stato clemente con i tuoi nemici
Una cimice, sa sempre come uccidere il suo antagonista
Ora speri nello scorrere degli eventi ,non saltare dalla finestra
Giovanni hai visto per caso a Carmela ?
Tu stai sempre fore de testa
Sarà un difetto
Non facciamo come l’ultima volta nel girare la chiave
nella toppa ho trovato te.
Siamo carne da macello
Se fossimo stato degli angeli, ora saremmo in paradiso
Spero il presidente , cambierà qualcosa
Non è detto , poiché tutto questo non ha senso
E la misura delle cose , la forma che riempie il contenuto
Le bugie hanno le gambe corte
Già pinocchio era amico della balena
Sulle acque della conoscenza , naviga una mosca
Forse e Gigino ò salumiere
Tu fai lo spiritoso, ma queste sono cose serie
Non chiamarle cazzate
Lai detta grossa
Era uno starnuto
Scappa , non farti trovare qui
Ci vediamo balena
In un baleno ed il mondo sarà diverso
Verso altri traguardi
Nella festa di domenica
In giorni allegri
Ultimi per strade , sporche di sangue
Sulla scia di un vecchio amore
Alla fermata dell’autobus
Sono qui che canto
Fatti sentire, sei il re di re
Sono il re della foresta
Siamo gli ultimi ed aspettiamo tutto si avveri
Sei certo di quello che dici
Io non sono nessuno

Perduti nella nostra scialba stupidaggine , nella confusione degli atti nei miti sentimenti spezzati , fili interminabili , leganti il nostro dire a rime banali . La guerra , spinge a ricredersi ed i bambini con le donne ed i vecchi, tutti verranno sotto il balcone del re ad ascoltare una nuova predica, sotto i portici , tra tanti dubbi, nel buio dell’anima, nell’amore venale, nella sorte grigia figlia della maleducazione. Ci sarà sempre un re a ragionare a far decapitare una popolazione affamata , ci sarà sempre un cammello , dei beduini , un Buddha sopra il comodino. E sarò felice di rivedere il mio amore a stelle e striscia fare la spola tra le sponde dell’averno , uscire e ridere di se stessi nella sorte avversa sarò il piccione poi l’aquila simbolo dell’impero romano . Saro li davanti a tutti a discutere, di cosa significa, questa mia poesia banale. E metterò le ciabatte colorate , sarò il signor fornaio di ogni storia e di ogni morire lento per altre rime sarò come il pane regalato a molti . Sarò il signor nessuno che attraversa questa storia a ritroso nel tempo sognato, affermato nell’attimo di un amore banale che sorge dalle acque , sale, verso il cielo libero di essere. Ed il canto delle lavandaie si udirà per laidi luoghi e ritorneranno i soldati dalla guerre e da molte battaglie feriti, sporchi ritorneranno quando tutto questo finirà .

Sei consapevole di ciò che dici ?
Prima mi faccio uno spinello
Fumi come un turco
Sono grato alla mia ignoranza
Se lo fossi stato per davvero ora staresti a marcire in galera
Guardate chi ha parlato
Perché avresti da ridire ?
Per carità sono d’accordo con te
Allora torna a lavorare
Se no lo farei ?
Diventerai carne da macello
Piovano bombe
E una nuvola passeggera
Sopra queste trincee
Siamo al confine del mondo
Ho girato per l’oasi
Cercavi acqua ?
Cercavo il cammello del colonnello
Dai mi fai ridere
Abbassa la testa, stai attento possono colpirti
Alfredo tiene sempre la stessa cape
Peppino qui o moriremo o vinceremo
Paghiamo le nostre colpe
E chi lo dice al resto della popolazione
Mi devi credere mi sono sfastriato
Mi sembri una sfogliatella
Tu scherza mo’ faccio domanda di rientrare a casa
Il colonnello è un duro
Me lo metto in mezzo al panino
Sei sempre lo stesso
Il sesso è fonte di miseria
Si ma anche di successo
La mela del peccato e sempre rossa
Mo’ mi fai venire una mossa
Scacco matto
Alfredo sei uno ******o
Chi la dura la vince

Il mio esprimere è una confusione di parole , senza senso che crescono con le mie zingare rime , vanno girando per strade asfaltate, saltano steccati metafisici mi fanno gustare la brevità della vita e forse in questa confusione fittizia , figlia dell’intelligenza artificiale fanno si che io comprenda l’errore insito nel mio strampalato discorso. Raggruppo le mie deficienze per giungere ad una seria conclusione. Anche se questo morire per rime, presume una storia congeniale , fatta ad immagine di una logica partitica io rimango dell’idea che il nostro elaborare ed il nostro trascendere ci condurrà a presumere la fine assegnata . E l’amore credetemi è una sedia a rotelle . Questo comporre è una antica morte , un credere che fa ridere e poi danzare tra le memorie di un amore bizzarro ,troppo singolare . Ci rimane poco tempo per capire , poiché siamo tutti là in piazza a reclamare questa libertà di pensiero . Un sasso tirato contro la storia . Una palla caduta dal cielo , come se fosse una bomba nucleare ,pronta ad uccidere per sconfiggere il male della storia. La fame, la disperazione , provata ,un danzare contro la logica dei fatti , un trascendere in idee eremite, momenti singolari prive di ogni nesso logico . Si solo nella purezza del divenire , si giunge nell’errore commesso ed ora chiedo permesso poiché la vita lo vissuta da semplice fornaio , da chi si è sempre svegliato all’alba e và a lavoro pensando possa divenire un grande cuoco . Ho imparato l’arte culinaria , una benedizione un inizio gustoso di una nuova storia. Sono cresciuto tra i vicoli , sognando panini farciti , sognando grandi mortadelle , dilemmi di un filosofare che infiammano l’animo. La mia vita è una bistecca ai ferri ben cotta, pronta ad essere assaggiata da una comitiva di turisti giapponesi . Là tra quei vicoli neri puzzolenti , lunghi e scuri si consuma la mia esistenza di fornaio . Ed ero convinto di poter cambiare le carte in tavolo . Cosi fui assunto dal miglior panettiere della città e facevo pane e panini, rosette e sfilatini profumati . Lavoravo tutta la notte , contando le stelle, sperando di finire in un attimo con l’acqua alla gola , con l’amore che mi teneva legato le mani, infornavo il pane della libertà . E la fornace era nera una bocca spaventosa ove veniva cotto ogni cosa . Perfino l’agnello del padrone . Quando provai a chiedere un aumento il capo mi disse di stare sulle righe , che c’era la guerra e non poteva dare aumenti. Ed io l’ascoltai come se fosse una canto d’ amore . Prendevo il tram delle sette nel mattino dei miei sogni , con il mio sguardo assonato nella notte che volgeva al termine, nell’urlo delle sirene, nel sentire altre storie. Rinacqui giovane quando la vita mi sorrideva. Rinacqui nella mia ignoranza nel non sapere sfornare concetti ed altri sillogismi , ma era banale raccontare la guerra , quei momenti che fanno parte della nostra vita , del nostro essere. Tutto scorreva, un fiume di sangue , i soldati erano sporchi di fango . Ricordo ed odo ancora gli spari, momenti assai simili ad oggi , eravamo tutti figli della stessa madre terra , tutti figli di una crudele storia d’amore e di tenebre. Il mio ricordo di fornaio va oltre questo mio giudicare in una logica che mi conduce ad essere assai strano , forse una vittima di questa storia , sotto una croce , la vita mi ha destinato un posto al camposanto li dove riposo e rammento il mondo com’ era. Il mio tempo una nuvola un correre contro l’amore , figlia della morte , figlia di un amore decantato nel nulla degli atti in un atto singolare ove la mia esistenza di fornaio si rappresenta e viene giudicata come se fosse un uccello in gabbia.

DOMENICO DE FERRARO


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