Emiliano -omaggio a-
Stampato
da : Concerto di Sogni
URL Tema: https://www.concertodisogni.it/mpcom/link.asp?ID ARGOMENTO=5072
Stampato il:
22/12/2024
Tema:
Autore Tema: E.
Oggetto:
Emiliano -omaggio a- E’ impresso perfettamente nella mia mente l’attimo in cui ricordo di averlo notato.
Inserito il:
09/08/2003 13:17:53
Messaggio:
Camminava nella sala della biblioteca di Villa Fabbricotti, dalla vetrata che divide gli studenti dai bibliotecari verso la porta. Indossava una felpa blu, bianca e rossa della Francia (una di quelle delle squadre di rugby), jeans e scarpe da ginnastica blu scuro. Occhiali da intellettuale di sinistra in contrasto con l’abbigliamento casual e fogli di appunti in mano.
Subito ho pensato che persona interessante doveva essere.
Sapevo bene chi fosse. Tanti anni prima, sul solarium dei Bagni Pancaldi, il mio caro amico Stefano mi aveva parlato spesso di lui. Erano compagni di banco al liceo classico. Se non avessi avuto le prove non avrei mai creduto che quei due potessero provenire da una scuola del genere...
Chiara ci presentò e da allora cominciammo non per caso a sederci sempre allo stesso tavolo. Il secondo a sinistra rispetto all’entrata. Io, lui, Chiara e una quarta persona di fortuna.
Per molto tempo non riuscii a capire se avesse ancora al fianco la sua ragazza storica della quale avevo sempre sentito parlare; quella del banco di fronte che quasi tutti hanno avuto almeno una volta nella vita.
Ma iniziava a crearsi un’intesa molto bella e particolare, fatta di sguardi, parole non dette, finti equivoci che erano verità, attese, timidi contatti, lunghe chiacchierate e molte risate.
Così è cominciato per me Emiliano, il mio Emiliano.
E così è stato per cinque lunghi anni. Anni complicati, di crescita personale per entrambi, momenti di confusione, riflessione, slanci di amore appassionato e pause di assestamento.
Aveva quasi ventiquattro anni allora. Come mi sembrava grande se ci penso adesso... Una carnagione tra le più scure che abbia mai visto, capelli castani, statura medio-piccola, fisico asciutto e nerboruto di chi è cresciuto con lo sport nel sangue e il calcio nel cuore. Sicuramente la pelle più liscia che un uomo possa avere. Mani affascinanti e anch’esse scure. Labbra romantiche. E una voce bellissima. Dolce e sensuale.
Fin da subito è stato sincero con me, e nei limiti dell’inclinazione umana credo lo sia stato sempre, anche quando gli entusiasmi dei primi tempi sono svaniti lasciando dietro ricordi indelebili e trasformandosi in qualcosa di più stabile e forte ma paradossalmente più difficile da controllare e da accettare per un ragazzo giovane e dall’indole di don-giovanni che da quando aveva diciotto anni non si era mai sentito "libero" perché aveva sempre avuto una ragazza fissa al suo fianco.
Io sono stata paziente, è vero. Ma la mia pazienza era alimentata da ciò che mi offriva il vivere quotidiano, dalle attenzioni che lui mi dava, dai suoi tanti gesti che facevano crollare tutte le parole che mi diceva desiderando essere sincero. Le parole le porta via il vento. Il libeccio di Livorno le spazza via lontane. Come potevo credere ai suoi dubbi e alle sue incertezze quando avvertivo con immensa soddisfazione che le sue giornate ruotavano intorno ai nostri incontri? Quando percepivo brividi di dolcezza durante ogni casuale sfioramento? Quando il cuore mi batteva forte la sera alle undici mentre mi affacciavo dalla veranda della mia cucina e attendevo che lui, terminati gli allenamenti, passasse sotto la mia finestra per accennare un timido saluto dalla macchina, come a darmi la buonanotte?
Emiliano è una gran bella persona. Onesta, leale. Sensibile. Molto intelligente e colta. Come amico credo sia perfetto. Ti donerebbe anche l’anima. E l’anima l’avrebbe donata anche a me. Me la donerebbe ancora. Solo che il suo principale difetto è quello di scaricare i suoi difetti sulle persone che più ama e che meglio lo conoscono. La sua mamma ed io, per la precisione.
Porta dentro di sé un "segreto" -così lo chiama- che genera in lui una inspiegabile rabbia che non si manifesta spesso, ma quando lo fa è dura da sopportare.
Ho creduto di poter riuscire a tirare fuori dal suo stomaco questi scheletri per poi disintegrarli. Non so quanto avrei dovuto farlo tornare indietro nel tempo, non lo so. So solo che non ci sono riuscita.
E’ come se, in tutto ciò che fa, Emiliano abbia bisogno di dimostrare qualcosa a qualcuno. Ma a chi?
Lui è il forte, il coraggioso, colui che può sconfiggere tutti.
E’ uno che durante una partita di calcio riesce a correre avanti e indietro per il campo per novanta minuti con la grinta di un leone. Preferirebbe farsi venire un infarto pur di non permettere all’avversario di avvicinarsi all’area di rigore. Però poi se la fa sotto se deve battere un calcio dal dischetto.
Sì lo so, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore. Un giocatore si vede dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia......
E’ impresso perfettamente nella mia mente l’attimo in cui ricordo di averlo notato.
Camminava nella sala della biblioteca di Villa Fabbricotti, dalla vetrata che divide gli studenti dai bibliotecari verso la porta. Indossava una felpa blu, bianca e rossa della Francia (una di quelle delle squadre di rugby), jeans e scarpe da ginnastica blu scuro. Occhiali da intellettuale di sinistra in contrasto con l’abbigliamento casual e fogli di appunti in mano.
Subito ho pensato che persona interessante doveva essere.
Sapevo bene chi fosse. Tanti anni prima, sul solarium dei Bagni Pancaldi, il mio caro amico Stefano mi aveva parlato spesso di lui. Erano compagni di banco al liceo classico. Se non avessi avuto le prove non avrei mai creduto che quei due potessero provenire da una scuola del genere...
Chiara ci presentò e da allora cominciammo non per caso a sederci sempre allo stesso tavolo. Il secondo a sinistra rispetto all’entrata. Io, lui, Chiara e una quarta persona di fortuna.
Per molto tempo non riuscii a capire se avesse ancora al fianco la sua ragazza storica della quale avevo sempre sentito parlare; quella del banco di fronte che quasi tutti hanno avuto almeno una volta nella vita.
Ma iniziava a crearsi un’intesa molto bella e particolare, fatta di sguardi, parole non dette, finti equivoci che erano verità, attese, timidi contatti, lunghe chiacchierate e molte risate.
Così è cominciato per me Emiliano, il mio Emiliano.
E così è stato per cinque lunghi anni. Anni complicati, di crescita personale per entrambi, momenti di confusione, riflessione, slanci di amore appassionato e pause di assestamento.
Aveva quasi ventiquattro anni allora. Come mi sembrava grande se ci penso adesso... Una carnagione tra le più scure che abbia mai visto, capelli castani, statura medio-piccola, fisico asciutto e nerboruto di chi è cresciuto con lo sport nel sangue e il calcio nel cuore. Sicuramente la pelle più liscia che un uomo possa avere. Mani affascinanti e anch’esse scure. Labbra romantiche. E una voce bellissima. Dolce e sensuale.
Fin da subito è stato sincero con me, e nei limiti dell’inclinazione umana credo lo sia stato sempre, anche quando gli entusiasmi dei primi tempi sono svaniti lasciando dietro ricordi indelebili e trasformandosi in qualcosa di più stabile e forte ma paradossalmente più difficile da controllare e da accettare per un ragazzo giovane e dall’indole di don-giovanni che da quando aveva diciotto anni non si era mai sentito "libero" perché aveva sempre avuto una ragazza fissa al suo fianco.
Io sono stata paziente, è vero. Ma la mia pazienza era alimentata da ciò che mi offriva il vivere quotidiano, dalle attenzioni che lui mi dava, dai suoi tanti gesti che facevano crollare tutte le parole che mi diceva desiderando essere sincero. Le parole le porta via il vento. Il libeccio di Livorno le spazza via lontane. Come potevo credere ai suoi dubbi e alle sue incertezze quando avvertivo con immensa soddisfazione che le sue giornate ruotavano intorno ai nostri incontri? Quando percepivo brividi di dolcezza durante ogni casuale sfioramento? Quando il cuore mi batteva forte la sera alle undici mentre mi affacciavo dalla veranda della mia cucina e attendevo che lui, terminati gli allenamenti, passasse sotto la mia finestra per accennare un timido saluto dalla macchina, come a darmi la buonanotte?
Emiliano è una gran bella persona. Onesta, leale. Sensibile. Molto intelligente e colta. Come amico credo sia perfetto. Ti donerebbe anche l’anima. E l’anima l’avrebbe donata anche a me. Me la donerebbe ancora. Solo che il suo principale difetto è quello di scaricare i suoi difetti sulle persone che più ama e che meglio lo conoscono. La sua mamma ed io, per la precisione.
Porta dentro di sé un "segreto" -così lo chiama- che genera in lui una inspiegabile rabbia che non si manifesta spesso, ma quando lo fa è dura da sopportare.
Ho creduto di poter riuscire a tirare fuori dal suo stomaco questi scheletri per poi disintegrarli. Non so quanto avrei dovuto farlo tornare indietro nel tempo, non lo so. So solo che non ci sono riuscita.
E’ come se, in tutto ciò che fa, Emiliano abbia bisogno di dimostrare qualcosa a qualcuno. Ma a chi?
Lui è il forte, il coraggioso, colui che può sconfiggere tutti.
E’ uno che durante una partita di calcio riesce a correre avanti e indietro per il campo per novanta minuti con la grinta di un leone. Preferirebbe farsi venire un infarto pur di non permettere all’avversario di avvicinarsi all’area di rigore. Però poi se la fa sotto se deve battere un calcio dal dischetto.
Sì lo so, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore. Un giocatore si vede dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia......
E.
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