Tamburi lontani
Stampato
da : Concerto di Sogni
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Stampato il:
22/12/2024
Tema:
Autore Tema: Paolo Talanca
Oggetto:
Tamburi lontani Vorrei riproporre tre canzoni di Baglioni che recensii qui su concerto tempo fa. Visto che ci sono dei nuovi concertisti e che queste non compaiono nei miei messaggi passati ho pensato che sarebbe stato giusto riproporli. Beppe non guardarmi così in cagnesco... hei, rob, molla il mio portafoglio!!! cos'è questa nuova "tassa sulla riproposizione"?!!! aiut... E’ una canzone che molti non conoscono, certo non è conosciuta come Questo piccolo grande amore, E tu o altre (canzoni che in realtà io non ascolto mai perché sono quelle che mi piacciono di meno) ma per me rappresenta davvero qualcosa d’importante, forse è la cosa che più sento vicina, magari perché mi ha davvero preso per i capelli e tirato su in un bruttissimo periodo della mia vita. Ops, dimenticavo, è una canzone di Baglioni e s’intitola “Tamburi lontani”, C.Baglioni, CBS inc., Milano 1990 Batteria Manu Katche, contrabbasso Danny Thompson, percussioni Danny Cummings, fiati Isobel Griffiths Brass and Woodwind diretti da Celso Valli (ci siamo Beppe per quel fatto del copyright?). Ognuno ha il suo tamburo il tempo vince sempre alberi che sfilano come persone care dimmelo anche tu vieni padre mio e come tutto torna e come tutto passa ed ogni giorno siamo dietro ad una cassa le storie muoiono quando c'e' più paura pensa amore mio credi figlio mio e tu compagno dalle orecchie a punta giura amico mio tam tam tam Per me questa è una di quelle canzoni che penso io conoscessi già ancor prima di ascoltarla. Parla dell’inevitabilità delle situazioni di solitudine “non piansi mai davanti alla tristezza ma verso l’onestà”, credo che ci sia una grande verità dietro queste parole. A volte non ci si può fare niente, la tristezza è una condizione che dobbiamo accettare (quanto è difficile però), magari possiamo essere rammaricati per la mancanza di onestà, nostra o di qualcuno che ci ha fatto del male, ma non possiamo cercare qualcuno che “compri la nostra infelicità”. Anche il fatto di capire che “le cose cambiano per vivere e vivono per cambiare” deve aiutarci ad accettare le situazioni. Bellissimo l’analogia naturalistica “il mare s’alza e abbassa e mai una goccia si va a perdere”, che sottolinea il fatto che l’affetto cambia, non diminuisce. Evidentemente forse non era amore, era solo un battito diverso del nostro cuore-tamburo “atteso chissà quanto” fino a far sì che “ci promettiamo indivisibili”. E’ la voglia di amare che ci inganna ma poi è giusto che i tamburi “battono più lontani”, giacché non si può sfuggire all’onestà, alla verità. Infondo sappiamo che la vita dobbiamo prendercela come ci viene consapevoli di essere come quelle commesse dei supermercati e che “ogni giorno siamo dietro una cassa a dare il resto e poi sorridere”, dobbiamo sognare il più possibile, non smettere mai di eseguire “un ballo senza fiato se la banda passa, finché non smetti di rincorrere”. Quanto è vero poi che “le storie muoiono quando c’è più paura di perdersi”! Ed è proprio lì che c’è la “voglia di tenersi e com’è dura quella soglia…”. Come sappiamo essere vigliacchi in questi casi! Per tenere in piedi una storia d’amore (dove nel peggiore dei casi ci importa solo il sesso) ci “inventiamo mille ed altri cieli”, un miliardo di scuse, miliardi di modi di amare senza mai “soffiare vento sulle ali” dell’amata/o, senza mai amarla davvero. Quando lei/lui non ce la fa più e sappiamo che sta per rompere per disperazione, lo facciamo noi per non perdere la faccia. Io mi soffermo solo sulle storie d’amore ma tutto questo può valere per qualsiasi rapporto interpersonale (oddio, magari non il fatto del sesso). La storia che nella canzone Baglioni sintetizza del padre e del figlio è ugualmente toccante, come quella dei due amici, l’unico “dalle orecchie a punta” ed io non credo che si riferisse al cane, ma ad un amico speciale con una sensibilità tale da confidarsi con lui come con un fratello (chi non ha un fratello o sorella del suo stesso sesso capisce il senso di vuoto che si prova). Il finale magari è un po’ “maccheronico”, sembra più il discorso di un ubriaco che manda giù l’ultimo bicchiere ma credo rappresenti il fatto che se ci si continua a porre tutte queste domande non se ne esce più e l’unica risposta sia nell’indifferenza o, quantomeno, nello scegliersi le compagnie giuste per non rimanere troppo indietro rispetto a questa vita. In fondo è il significato del nostro Concerto. Chiedo umilmente scusa se sono stato lungo, forse troppo triste, la prossima canzone giuro che sarà “Una casetta in Canada”. Alcuni forse si chiederanno. “ma come hai fatto a tirarti su con questa canzone????”. Beh, vi assicuro che per me è stato così e sarei felicissimo se per qualcuno è stato o sarà così. Caio a tutti!!!
Inserito il:
18/11/2003 22:36:03
Messaggio:
TAMBURI LONTANI
un solo ritmo
un canto
della comune solitudine
che noi mettemmo insieme
a starci un poco accanto
su questa via dell'abitudine
il tempo lui soltanto
si muove e noi restiamo immobili
finche' ci porta un suono
atteso chissa' quanto
e ci promettiamo indivisibili
fantasmi della strada
devi prendere o lasciare
si comunque vada non come volevi
battono i tamburi battono più lontani
e' giusto così
non chiesi mai qualcuno che comprasse la mia
infelicita'
(tam tam tam)
non piansi mai davanti alla tristezza ma verso
l'onesta'
(tam tam tam)
che il tempo non ci ha sconosciuto
male e bene mio
che dopo ti hanno amato meglio
si ma non di piu'
di tutto il poco che ho potuto io
usciamo a fare un giro e guida tu
e guarda avanti e non parliamo piu'
albero padre con un ramo solo
le cose cambiano per vivere
e vivono per cambiare
il mare s'alza e abbassa
a dare il resto e poi sorridere
un ballo senza fiato se la banda passa
e finché non smetti di rincorrere
di perdersi che voglia di tenersi e com'e' dura
quella soglia e come siamo noi i diversi
cambiano le scene cambiano le battute
e anche i battuti
io non potrò incontrarvi in nessun luogo
in nessun'altra età
(tam tam tam)
fermar l'urgenza del mio cuore
il cuore di un uomo a metà
(tam tam tam)
che t'insegnai mille altri cieli
e non seppi mai
soffiarti il vento sulle ali
aspettai un addio
e il giorno di lasciarmi ti lasciai
mi mancano i tuoi baci che non ho
e sono i soli baci che io so
piccolo figlio
io ti parlai di me
come a un fratello a cui ci si racconta
io non ne avevo e allora presi te
e quella tua sgomenta
e nostra malattia di vivere
che glielo metteremo ancora li'
a questa vita che va via cosi'
senza aspettarci
tam tam tam
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So che si può vivere non esistendo, emersi da una quinta, da un fondale, da un fuori che non c'è se mai nessuno l'ha veduto
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