Però un giorno l'ho vista. Anzi, una sera. Era il tramonto, stavo andando dalla mia amica marghe, che si è innamorata ed ha comprato casa con il fidanzato nuovo, vuol dire che c'è sempre tempo...
Beh, l'ho vista. Era TatùTwo, blunotte metallizzata, manubrio nero arquato, portapacchi e... beh, era lei.
C'era una ragazza con lei. Stava pedalando con una certa grazia, aveva i capelli rossi raccolti con noncuranza, in quel modo affascinante che hanno solo quelle donne che riescono a farsi una acconciatura con una matita... Cioé non io!... Magra magra, slanciata, una figurina stretta in una giacchina da scooter, così aggraziata, così giusta per quell'istante, per quella strada, per quella bici...
L'ho superata, lasciandomela sulla destra, e guardandola nello specchietto ho realizzato che ci sono delle cose che, beh, non ci appartengono... Non sono nostre, possiamo anche averle ma non erano per noi. Non ci stanno bene addosso. Ci "stonano". Avrei dovuto accostare, chiamare un vigile e riprendermi la mia biciblu ma... non aveva senso. Stava bene dov'era. Stava bene addosso a quella ragazza aggraziata con i capelli rossi. Stava bene così, il suo posto era lì. Esteticamente, non avrebbe mai potuto essere di più.

Come l'Architetto, ho pensato, con la sua attuale fidanzata biondissima bellissima ricchissima e ginecologicissima. Io, in fondo, non gli stavo un gran che bene addosso.
Mi pare quasi di vederli, nei locali bolognesissimi dove vanno a prendersi l'aperitivo, e che bella coppia che sono, e come sembrano fatti l'uno per l'altra...
La mia bici non era fatta per me.

Non bisogna sentirsi abbandonati, né traditi se certe cose non erano fatte per noi.
Quello che lasciano non è un vuoto, ma solo spazio per qualcosa di nuovo.