La manica degli angelidi Paolo Pianigiani
Mi sono occupato qualche anno fa dell’affresco riscoperto sulla cupola della cappella del SS. Crocifisso nella nostra Collegiata, in un lungo articolo comparso sul Segno di Empoli (settembre 1998).
Avevo attribuito, confortato anche dalla precedente segnalazione di Walfredo Siemoni del 1994, questi affreschi al pittore fiorentino Ferdinando Folchi, collocandoli intorno al 1862.
Questa attribuzione, come con maggiori particolari racconto su un articolo che comparirà sul prossimo Segno di Empoli, non ha avuto riscontri positivi da parte di altri studiosi, dal momento che sembra consolidarsi l’attenzione di questi su un nome diverso: Luigi Giarrè.
Ho avuto la possibilità di fare un incontro, di quelli casuali ma determinanti, che forse mi permette di portare un nuovo contributo a questa pluriennale ricerca.
Recentemente, trovandomi a Pontassieve, presso Firenze, mi sono ricordato che da quelle parti aveva lavorato il Folchi e sono andato alla ricerca dei suoi affreschi. Quelli di cui avevo notizia, nella chiesa di San Michele Arcangelo che si trova nella piazza principale del Comune, sono scomparsi a seguito di restauri; ma nella sala consiliare di palazzo Sansoni-Trombetta (sede del Municipio) ho trovato, appena usciti dal restauro, quelli relativi alla storia degli atti eroici di sette donne famose, di mano certa e documentata di Ferdinando Folchi, dipinti quando Firenze era Capitale
del Regno, intorno al 1865-70.
Ho subito respirato “aria di casa”: i colori, la posizione di alcune figure, i volti richiamano direttamente i nostri angeli.
In particolare la figura posta a sinistra dell’affresco centrale, dominato dallo stemma della famiglia Trombetta, riprende direttamente sia l’angelo che abbraccia la colonna, che si trova a sinistra nella nostra cupola, e, nel volto, quello sopra l’ingresso, affiancato dal gallo.
La figura simboleggia la Grecia (nel periodo in cui è stata dipinta, sotto la dominazione ottomana), ed è dipinta in atteggiamento pensieroso mentre abbraccia una statua della dea Minerva e guarda con ammirazione l’altra figura che le sta accanto, una trionfante Italia turrita che impugna il tricolore dei Savoia, simbolo della ritrovata unità.
La Grecia era la terra di origine della famiglia Trombetta (ricchi banchieri, che acquistarono l’attuale sede del Comune nell’Ottocento, che in seguito si imparenteranno con i Sansoni di Livorno), e sullo sfondo compare l’isola di Corfù dalla quale provenivano.
Il particolare che è assolutamente identico e, almeno per me, dice la parola fine sulla pluriennale diatriba relativa all’attribuzione, è la manica di questa figura, o, per meglio dire la parte della veste che ricopre la spalla sinistra.
Confrontando le due figure, peraltro quasi uguali anche nell’impostazione del corpo, risulta a mio parere evidente l’identità del loro autore.
Altre somiglianze sono individuabili in altre parti dei due affreschi.
Pertanto, secondo me, l’affresco degli angeli della cappella del Crocifisso del mandorlo è da riconoscere a tutti gli effetti a Ferdinando Folchi, che dimostra capacità e sensibilità pittoriche non comuni, per rimanendo nell’ambito della tradizione storico religiosa tipica della pittura accademica ottocentesca.