Domenico De Ferraro
Emerito
Italy
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Inserito - 20/10/2007 : 09:33:29
LA SCURA ARIA D’AUTUNNO Le streghe a sera nell’orto d’ottobre ballano una danza senza tregua nervose , isteriche , scivolano, s’accoppiano cantano la loro vita ,la loro follia. Nel silenzio dei giorni grigi ogni cosa muta si piegano i concetti nell’ ore del meriggio a meditazioni funeste come il vento piega i rami degli alberi al richiamo di chi disperso per boschi di cemento vaga alla ricerca di felicità passate. Solitario, ignudo il sinistro satiro fuma le foglie morte di questo autunno mentre bruciano i ricordi tra i fatui fuochi sui monti le madri dai lunghi ricci rossi ricorrono nuovi spettri. La natura muta le membra dell’idee maturano e cadono una dopo l’altra le magnifiche castagne. Le voci dei giovani ignari e soli sempre in coppia pronti a trafugare memorie perdute ed il pensiero lasso scolora nel disperso sogno nei giorni illogici, nel tedio, s’attende l’arrivo del freddo inverno. Lode del mattino, canto mediterraneo del volgare gallo solo in mezzo ai tanti grattacieli tristi e silenti gracchiante una lugubre lirica. Canzona ,sola rimandi a pianger meco dove serbo il dolore né fra la gente d’andare chiedendo pietade abbi vaghezza che l’alto mio martirio conforti e sprezza. Ma , se doglia compiangi e meno si sente sdegna ch’ancor tu resti a pianger seco l’afflitto cuore ,che disperato vuole che l’aspre pene sue non si sentano più sole. Mi guardo in giro son tutte diverse rotelle d’un meccanismo laico lubrificato con cura da un folle custode d’incubi metropolitani. M’ aiuta a passare la via mi dice la vecchina dal naso uncino con un bastone tra le mani pronto a diventare un serpente. Prego venga, gli porgo il braccio passiamo così dalla luce alle tenebre si destano così l’anime morte si destano i ricordi e sovviene nel sonno del malandrino il tintinnio dei talleri rubati. Metto qui la macchina ? Non vi preoccupate qui sta benissimo ingenuo seguo il consiglio sciogliendo i lacci alla fortuna per rimanere a piedi a fine giornata sottratto d’una ruota , gabbato infine da un gangster parcheggiatore misero con un grappolo alla gola rimango. Ma il sole asciuga le misere lacrime riscalda l’andare il perdersi in mille infausti sortilegi. Or lungi per la scura aria d’autunno vado, i rami senza fronda paiono braccia protese ad imprecare l’ira funesta dei giorni grigi della femminina ragione.
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