Ho anche io visto Farenheit 9/11 e ho avuto la sensazione opposta a quanti lo hanno considerato un film veritiero.
Che risponda ai valori democratici degli Stati Uniti, sono d'accordo, negli Stati Uniti tutto e' possibile, narra una nota barzelletta che un americano e un russo dei tempi dell'unione sovietica discutono, "io posso scendere in piazza a New York e parlare male degli Stati Uniti", dice l'americano, "anche io posso scendere in piazza a Mosca e parlare male degli Stati Uniti", replica il cittadino sovietico.La mia impressione e' che la prima parte del film di Michael Moore sia un capolavoro del non dire nulla, insinuando tutto, accuse che si fermano ai si dice o si inventa, messe giu' come fossero la assoluta verita', scene apertamente tagliate, proprio per riprendere i personaggi e far loro dire cio' che non hanno detto. Un pamphlet che non sta in piedi, una cascata d'astio, come la scena in cui il presidente degli Stati Uniti continua a leggere poesie ai bambini, quando appena gli hanno comunicato la strage delle due torri. Il presidente non si alza subito, continua a leggere le fiabe, ma che cosa doveva fare secondo il regista, gettare il libro per terra e urlare ai bambini che i terroristi avevano fatto strage? Michael Moore e' talmente accecato dall'odio che non si e' reso conto che ha fatto il contrario di quanto si proponeva e ha reso invece umanissimo il presidente Bush.
Tra parentesi, negli Stati Uniti, il paese chiamato in causa, non sembra proprio, dai sondaggi, che i cittadini la pensino come Micheal Moore, non per nulla il film viene idealizzato, chissa' mai perche', in Europa.
Il film buca clamorosamente quando vuol dimostrare che la presidenza non protegge il paese dal terrorismo, c'e' la lunga scena del poliziotto dell'Oregon che si lamenta di essere solo a controllare la costa dello stato, e allora? c'e' un'altra lunga scena in cui vengono criticati i controlli alle persone che si recano agli aereoporti, e allora? ma poi ci sono scene di esperti che si chiedono come mai l'amministrazione non e' stata invece piu' dura, come mai non hanno arrestato la famiglia di bin laden, non bin laden, si badi bene, ma la sua famiglia. Dunque Michael Moore e' garantista e paladino dei diritti civili solo quando gli fa comodo.
C'e' un unico momento, secondo me, che rende il documentario commovente e valido, la parte che parla della guerra. Ma il messaggio secondo me deve essere diverso da come e' stato colto in Europa, vedendo quelle immagini ho compreso parole che avevo letto sul corriere della sera, l'orrore della guerra, non ci sono guerre giuste e umane, ci sono guerre che si combattono per molte ragioni, ma il pensiero e la visione di come le vite vengono orrendamente falciate nella sofferenza deve rimanere sempre ben fisso nella nostra mente, la differenza tra noi e i terroristi assassini.
Eppure non una parola Michael Moore spende sull'Iraq precedente, sull'arma di distruzione di massa che si chiamava saddam hussein, non una intervista per rendere il suo documentario davvero un documento che possa passare alla Storia come il racconto delle vicende di tutte le parti coinvolte. La ragione e' che Michael Moore non voleva realizzare un documentario storico o che rispettasse la cronaca, voleva solo esprimere tutto il suo odio per il presidente attuale degli Stati Uniti, non accorgendosi, a mio parere, che l'odio non permette la chiarezza, ma solo l'invettiva, spesso senza ragione.
Si e' detto che Michael Moore abbia girato il documentario perche' e' un patriota americano e su questo sono d'accordo, il suo amore per il paese si legge, nonostante una falsificazione politica che infastidisce, in ogni inquadratura.
Ma nulla, secondo me, consente all'Europa di portare sugli scudi il regista o il suo documentario, infatti molta parte delll'Europa non ha proprio nulla di cui andare fiera, se nelle piazze di molte capitali si fosse manifestato contro la dittatura irachena, forse il dittatore assassino si sarebbe piegato alle pressioni internazionali. Ma nelle piazze di molte capitali d'Europa si manifesta contro una parte sola, le dittature e il terrorismo non esistono, ma questo dovrebbe essere la trama di un altro film, che fino ad ora non si vede chi abbia il coraggio di girare.
E comunque sia, oggi l'Afganistan ha tenuto le sue prime elezioni libere e speriamo presto accada lo stesso in Iraq.
Io spero che Michael Moore, da patriota americano, sapra' anche allora esprimere la fierezza di essere cittadino di un paese che, criticabili o meno siano le azioni, e' in grado di continuare la strada della liberazione dei popoli.
Basta leggere il sito gemellato con concerto di sogni e cioe' :
http://iraqthemodel.blogspot.com/
per avere una idea della situazione alquanto piu' equilibrata rispetto a quella portata sulla scena da Michael Moore e del tutto differente da quella che viene raccontata su molti media europei.
Roberto